«La città dei taglieri? Una bolgia»
Roversi Monaco: snaturate alcune zone del centro. E sulle mostre: troppe sono inconsistenti
Fabio Roversi Monaco riflette sulle mostre passate, presenti e future e dice: «La mostra cattiva, ma ben presentata, scaccia quella buona. Ci dovrebbe essere più consapevolezza in chi opera nel settore». E poi punta il dito sulla «frenesia del cibo», che sta snaturando il centro della città: «Molti soggetti con la disponibilità ricevuta dall’amministrazione hanno reso il centro una bolgia».
«Di eccesso di mostre si può morire...», scherza, ma forse nemmeno troppo, Fabio Roversi Monaco, presidente di Genus Bononiae. «Occorre — aggiunge — fare mostre che diano un messaggio che sia intellettualmente chiaro, che contribuisca alla comprensione della nostra realtà culturale che viene da tanto lontano». Roversi Monaco riflette su mostre passate presenti e future, su Martini, su Migliori, su Vermeer, sull’arte messicana. Il 19 ottobre a Palazzo Fava inaugurerà infatti México. La exposición pendiente: Orozco, Rivera, Siqueiros. Sarà la mostra, attualmente in corso, quella sui Beatles con le settanta foto di AstridKirchherr— che colse pi on eristica mente iF ab Four ai loro esordi — a passare idealmente il testimone ai muralisti messicani. Professor Roversi Monaco, all’ inaugurazione disse che questa mostra sui Beatles vuole anche essere un vostro modo di avvicinare i giovani.
«Vero, quella dei Beatles è una storia a sé e la prima parte di questa storia, una parte fondante, è racchiusa in quelle foto. A partire dal 7 settembre, abbiamo organizzato una serie di incontri aperti al pubblico, giovane ma non solo, per fare raccontare in maniera comprensibile e completa un gruppo che ha segnato un mutamento profondo nel mondo della musica».
Le vicende della mostra sulla Street Art hanno avuto un seguito?
«Quella mostra ha aperto un dibattito che prima non c’era ma che è stato sedato. La situazione ora è ferma». Parliamo della città. «C’è un problema culturale e le mostre sono uno strumento efficace per poter gestire una parte rilevante della cultura. Gli spazi espositivi, i musei hanno un profondo valore educativo». Cosa manca secondo lei? «Ci dovrebbe essere più consapevolezza da parte di chi opera nel settore. Non dimentichiamo che la mostra cattiva, ma ben presentata, scaccia quella buona. E anziché far crescere il gusto, lo fanno calare, portando a un confuso qualunquismo culturale».
A proposito di qualunquismo e, aggiungo, mancanza di identità, il nostro giornale nei giorni scorsi si è occupato del caso di Bologna come città dei taglieri, dell’eccesso del cibo, che sembra essere diventato l’unico polo di interesse per la città. Lei che idea si è fatto?
«Prendiamo atto che l’inconsistenza intrinseca di molte mostre rappresenta uno degli incentivi per l’esaltazione del cibo che sta attraversando Bologna in modo violento». Violento? «Ma sì, basterebbe considerare le strade e i portici per comprendere che la sovra valu- tazione di quello che rappresenta il cibo ha portato a un mutamento spesso incivile dell’assetto di quello che di più bello ha la città, vale a dire le strade del centro storico e i portici». Ci fa un esempio pratico? «Ha mai provato a passare sotto al portico della morte? O in via Orefici? O ancora in mezzo alle file di tavolini in piazza Minghetti? Luoghi che sono stati snaturati. Fatichi a camminare. Ma poi basta vedere anche come è stato realizzato il Mercato di Mezzo». Non le piace? «Invece di utilizzare al meglio quello che già c’era nei valori storici che si portava con sé quel luogo, si è proceduto alla dannazione di un posto che ha fatto la bellezza e l’importanza del centro storico di Bologna. Che dovrebbe essere toccato solo da mani consapevoli».
E del Mercato delle Erbe cosa pensa invece?
«Per quello che ho visto è un’esperienza migliore. E parlerei bene anche di piazza Aldrovandi: per fortuna che ci sono i pakistani e gli indiani con i loro chioschi organizzati. Lì non c’è la frenesia del centro».
Qual è l’origine del problema?
«Il numero dei soggetti che si occupano di questo settore e la quantità di disponibilità ricevuta dall’amministrazione, hanno fatto del centro città una vera e propria bolgia. Si potrebbe fare lo stesso discorso che ho fatto con le mostre e dire che la ristorazione improvvisata scaccia la ristorazione meditata e vagliata nei secoli, che è tipicamente bolognese e che va tutelata».
Cosa si aspetta dall’apertura di Fico?
«Rilevo che Fico ha tutte le caratteristiche per poter essere capace di superare positivamente questa situazione anche se bisognerà vigilare al massimo livello».
La mostra cattiva, ma ben presentata, scaccia quella buona E fa calare il gusto creando un confuso qualunquismo culturale