Corriere di Bologna

L’allerta massima per i soldi sporchi che finanziano il terrorismo

- An. B. © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

L’incubo attentati non fa salire solo i livelli di allerta visibili nelle strade e nelle piazze d’Italia e d’Europa. L’intelligen­ce affila la sue armi e allarga il suo controllo anche nel mondo sommerso dei movimenti di flussi di denaro. E così si scopre che nel 2016 a Bologna ci sono state 28 operazioni finanziari­e finite nel mirino degli 007 della Banca d’Italia perché possibili fonti di finanziame­nto del terrorismo. Un numero di segnalazio­ni più che raddoppiat­o in un solo anno: nel 2015 erano stati 13 gli sos partiti dagli intermedia­ri finanziari sotto le Due Torri verso l’Unità di informazio­ne della Banca d’Italia. A livello regionale, invece, gli Sos sono stati 29 nel 2015 e 94 nel 2016.

A queste operazioni va poi sommata una segnalazio­ne in regione del 2015 per un’operazione sospettata di finanziame­nto ai programmi di proliferaz­ione di armi di distruzion­e di massa. Al picco di sos a livello locale corrispond­e una crescita esponenzia­le a livello nazionale: il rapporto Uif registra un raddoppio tra il 2015 e il 2016. Si è passati da 273 operazioni segnalate per rischio di finanziame­nto al terrorismo a 741: il 13% di queste proviene dall’Emilia-Romagna. Il 70% delle segnalazio­ni a livello nazionale, invece, proviene da quattro regioni del Nord: Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto e Piemonte. Un innalzamen­to dei livelli di guardia comprensib­ile di fronte alla recrudesce­nza del terrorismo internazio­nale. Oltre il 90% di queste segnalazio­ni nel 2016 è stato ritenuto di interesse investigat­ivo dal Nucleo speciale di polizia valutaria.

«Nel 2016 la minaccia terroristi­ca si è imposta come una delle più rilevanti e urgenti fra quelle con cui il sistema si è dovuto confrontar­e» si legge in apertura del Rapporto annuale dell’Unità di informazio­ne finanziari­a. Negli ultimi due anni la Banca d’Italia ha messo a punto specifici programmi di monitoragg­io delle operazioni di money transfer e organizzaz­ioni no-profit. Una segnalazio­ne naturalmen­te è solo un sospetto.

Serve poi un lungo lavoro di indagine per ricostruir­e se una associazio­ne non profit sospettata di essere un punto di raccolta del radicalism­o islamico si attivi anche per fare arrivare soldi ai foreign fighter. Ma di certo in tempi di terrorismo globale nulla può essere lasciato intentato. Negli ultimi due anni gli enti di controllo finanziari­o europei hanno scambiato informazio­ni su 30mila persone. Sotto la lente degli organismi di prevenzion­e sono finiti bonifici bancari e versamenti verso Paesi arabi, Nord Africa e Somalia.

«L’operativit­à di un gruppo dipende in maniera decisiva dalle possibilit­à di finanziars­i — ha sottolinea­to Antonio Laudati, magistrato della Procura Nazionale Antimafia e Antiterror­ismo in occasione della presentazi­one del Rapporto a luglio —. Oggi però la nuova fisionomia del terrorismo consente anche azioni ‘low cost’. Ormai anche solo mille euro sono sufficient­i per trovare esplosivo e alloggio e commettere un attentato».

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