IL TURISMO GOVERNA LA SCUOLA
La Regione lo vuole spostare al terzo lunedì di settembre per allungare la stagione turistica. Ecco perché è un errore
Vola il turismo, soprattutto in Riviera, con un 2017 che ci raccontano da record per l’EmiliaRomagna: +25% di presenze (ultimi dati Cna Balneatori). Vola l’occupazione femminile regionale o, comunque, marcia a ritmi più sostenuti della media italiana: nel 2016, tanto per stare a dati certificati Istat, da Piacenza a Rimini il tasso di attività delle donne è stato pari al 67,7%, 1,9 punti percentuali in più rispetto a un anno prima, il più alto dell’intero Paese. Bene, c’è di che andarne fieri: gli amministratori regionali, dal governatore Bonaccini in giù, lo sono e capitalizzano politicamente il tesoretto di good news. Ma la giunta, stavolta, ha fatto male almeno un conto che rischierebbe tra l’altro di avere ripercussioni in sede di cabina elettorale, se solo esistesse un’associazione di rappresentanza dei genitori: quello della scuola. O, meglio, del calendario scolastico. In questo settore ogni regione in Italia fa da sé, a patto di garantire il monte giorni di frequenza scolastica uguale a livello nazionale. L’EmiliaRomagna non si sottrae all’arduo compito: peccato che a occuparsi di quando i nostri figli devono tornare sui banchi non sia l’assessore alla Scuola ma quello al Turismo. Ohibò, e che ci azzecca, si chiederà qualcuno, scomodando il motto di dipietrista memoria. Presto detto: sono albergatori e bagnini a decidere quando far finire la stagione turistica e, di conseguenza, cominciare quella scolastica, cenerentola da sacrificare di fronte agli interessi di «Big Turismo».
E per loro è sempre troppo presto. Così, pare che l’Emilia-Romagna — come ha annunciato nella generale distrazione agostana l’assessore al Turismo, Andrea Corsini, ovviamente from Rimini — dal prossimo anno fisserà la data d’inizio delle scuole al terzo lunedì di settembre. «In accordo con il mio collega all’Istruzione Bianchi e con l’ufficio scolastico, abbiamo preso tale decisione per non spezzare la settimana con l’avvio della scuola che, per esempio, quest’anno cade di venerdì — ecco la spiegazione dell’assessore del Pd — Ci siamo resi conto che l’accordo fatto in passato era penalizzante, un danno per il turismo». E, nel caso il messaggio non fosse stato chiaro: «Se vogliamo allungare la stagione turistica, dobbiamo essere conseguenti e creare tutte le condizioni per favorire la vacanza».
Già dal 2012, per la verità, il rientro era stato fissato a nostro modesto parere troppo avanti: il 15 settembre, a prescindere dal giorno della settimana (questo mese, per esempio, significa che la campanella suonerà venerdì 15, salvo poi far passare il weekend, quindi si andrà a regime solo da lunedì 18). Con il nuovo calendario, però, sarà anche peggio, fino al fondo che si toccherà nel 2020 con il rientro in classe destinato a cadere il 21 settembre. Avete letto bene: 21 settembre. Contando che la scuola finisce il 7 giugno (e anche qui sarebbe da aprire un altro capitolo: l’assurdità di questa data tenendo conto che è preceduta dal ponte della Festa della Repubblica), vorrà dire la bellezza di 89 giorni di vacanze estive, domeniche escluse. Quasi la scuola diventasse un optional rispetto alla stagione balneare.
Così torniamo da dove siamo partiti: l’occupazione femminile. Non so voi, ma non conosco aziende, né pubbliche né private, che prevedano 90 giorni di ferie per i propri dipendenti. E nemmeno 80, 70, 60. O 50 o 40.
Così, proprio dove le istituzioni si vantano dell’altissimo tasso di occupazione femminile e cercano di fare del proprio sistema di welfare un fiore all’occhiello, tra l’altro ingaggiando la sacrosanta battaglia per orari più flessibili negli asili, ecco incombere la beffa delle super ferie scolastiche. Con le famiglie messe nelle condizioni di trovare una quadra per far passare quei terribili novanta giorni tra nonni (se ci sono), campi estivi (che si pagano), baby sitter (idem), oppure scegliere di accontentarsi, dal punto di vista lavorativo, di un part time, che di solito — guarda un po’ — riguarda la donna.
Qualcuno in Viale Aldo Moro intende battere un colpo? Il governatore Stefano Bonaccini? L’assessore e suo vice, Elisabetta Gualmini, donna in carriera e mamma, che tiene anche un blog sulla difficoltà di conciliare i due ruoli? O il citato Corsini (il quale ha almeno il pregio di avere parlato chiaro)? O Patrizio Bianchi che, nella giunta Bonaccini, ha la delega alla Scuola? E la senatrice bolognese Francesca Puglisi, già responsabile scuola della segreteria pd?
Si tratta di una vera battaglia di modernità: bisognerebbe anticipare (e non posticipare) l’ingresso a scuola dei nostri ragazzi, per mettere l’Emilia-Romagna al passo almeno con le regioni del nord che sono il nostro metro di paragone in tanti altri campi (Lombardia 12 settembre, Veneto 13, Friuli e Trentino 11, addirittura Provincia di Bolzano 5). Anche se sarebbe bello andare oltre, come accade in tanti Paesi europei, con scuole che chiudono «solo» due mesi, vacanze spalmate su tutto l’anno e non concentrate in quell’unico periodo. Ma pure con edifici scolastici in grado di assicurare una presenza degna: penso ad aria condizionata e vere strutture sportive.
Per essere realisti, ci accontenteremo anche di un po’ meno, sindacati e politica permettendo. Altrimenti, non ci dovremo stupire se tra qualche anno quel record di occupazione femminile non sarà più tale. Salvo non si tratti di bagnine e albergatrici.
L’assessore Corsini «Dobbiamo essere coerenti e creare tutte le condizioni per favorire la vacanza»