La crisi infinita dei giovani imprenditori che chiudono
Con una riduzione del 4,9% rispetto all’anno scorso in Emilia sono appena il 7% del totale. Emorragia nel settore delle costruzioni: -12,9%
Hanno ricominciato a calare le imprese giovanili lungo la via Emilia. In un anno ne sono sparite più di 1.500. Crollano quelle del settore costruzioni, mentre le uniche note positive arrivano dall’agricoltura. Complessivamente, comunque, la nostra regione perde più imprese che la Lombardia, il Veneto e il Piemonte. È il quadro che emerge dai dati elaborati da Unioncamere Emilia-Romagna che certificano come la crisi continua a mordere e a farne le spese sono soprattutto quelle più giovani.
A fine giugno, infatti, le imprese attive giovanili si sono ridotte a 29.825, pari al 7,3% delle imprese regionali. In un anno ne sono sparite 1.553, pari ad una riduzione del 4,9%, con una ulteriore lieve accelerazione della tendenza negativa, mentre le altre imprese sono diminuite solo dello 0,6%. La tendenza regionale risulta più pesante di quella nazionale, che vede le imprese giovanili (496.263, pari al 9,6% del totale) diminuire del 2,8% e le altre imprese confermare la tendenza positiva e segnare un lieve aumento (+0,2%). Questo emerge dai dati del registro delle imprese delle Camere di commercio elaborati da Unioncamere Emilia-Romagna. Le imprese giovanili aumentano solo in Basilicata, Sardegna e Trentino-Alto Adige. L’Emilia-Romagna perde terreno come il Veneto (-4,1%), ma anche, seppure meglio, Lombardia (-3,2%) e Piemonte (-3,4%).
Osservando i settori, è soprattutto in quello delle costruzioni che l’emorragia è più forte, determinando così in maniera drastica anche la riduzione generale. Per le imprese giovanili delle costruzioni sin è verificato un vero e proprio crollo: -930 unità, -12,9%. A questo settore che continua a scontare gravi difficoltà si aggiungono la caduta dell’industria (-163 unità, -7%) e la flessione dei servizi (-518 imprese, -2,6%), derivante dalla più marcata riduzione nel settore del commercio (-385 imprese, -4,8%) e da quella più lieve nell’aggregato degli altri servizi (-133 imprese, -1,1%). Contrariamente alla tendenza prevalente tra le altre imprese, risultano in forte crescita solo le imprese giovanili attive nell’agricoltura, silvicoltura e pesca (+58 imprese, +2,7%).
La flessione generale è dovuta soprattutto alla drastica diminuzione delle ditte individuali (-1.349 unità, -5,5%), anche se la contrazione è stata notevolmente più rapida per le società di persone (-10,7% pari a 257 unità), attribuibile all’attrattività della normativa delle società a responsabilità limitata semplificata, che sostiene la crescita, ora più contenuta, delle società di capitale (+77 unità, +1,8%).
Che la crisi stia mordendo ancora nella nostra regione è testimoniato anche dai dati forniti dall’Inps sui nuovi rapporti di lavoro, sulle trasformazioni contrattuali e sulle cessazioni nel primo semestre 2017. Sono aumentate le assunzioni complessivamente, ma sono calate le stabilizzazioni e sono aumentate le cessazioni, tutti sintomi di un malato che ancora soffre. È vero che le assunzioni a tempo indeterminato sono aumentate dello 0,6% rispetto allo stesso periodo del 2016, passando da 43.766 a 44.037 (anche se nel 2015 erano state 63.919), ma sono schizzati in alto gli assunti a termine (da 167.089 nel 2016 a 232.490 nel 2017), gli apprendisti (da 11.898 a 15.299 ) e gli stagionali (da 51.195 a 65.152). È quindi il lavoro precario a determinare il +30,3% di assunzioni tra il 2016 e il 2017. E nel contempo sono cresciute del 27,9% le cessazioni di rapporti di lavoro, con il 6,3% di cessazioni nei contratti a tempo indeterminato. Un calo di occupazione stabile, di cui è facile immaginare abbiano fatto le spese soprattutto i più giovani.
I dati di Unioncamere Male anche l’industria, i servizi e il commercio. Crescono solo le imprese giovanili nella pesca, nell’agricoltura e nella silvicoltura