Corriere di Bologna

La morte del padre che salva il figlio

Vittima di un infarto sul campo di tennis, l’autopsia genetica ha svelato il difetto ereditario

- Marina Amaduzzi marina.amaduzzi@rcs.it © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Un’autopsia può salvare una vita. A un ragazzino che vive in Emilia-Romagna è stata trovata un’anomalia genetica al cuore, la stessa che aveva causato la morte improvvisa del papà, 46 anni appena, mentre giocava a tennis. Anomalia svelata proprio da un’autopsia genetica che ora si fa nelle sale inaugurate ieri al Sant’Orsola insieme al laboratori­o di anatomia patologica. Collaboraz­ione tra specialist­i anche in una delle tre postazioni dedicata alle autopsie giudiziari­e.

Un’autopsia può salvare una vita. A un ragazzino che vive in Emilia-Romagna è stata trovata un’anomalia genetica al cuore, la stessa che aveva causato la morte improvvisa del papà, 46 anni appena, mentre giocava a tennis. Una morte misteriosa, inspiegabi­le, in un uomo giovane e in salute, che neppure l’autopsia aveva chiarito. Eppure è stata proprio una necroscopi­a genetica, più approfondi­ta, al cuore, fatta nella sala autoptica del Sant’Orsola, a svelare l’arcano, individuan­do proprio nella modificazi­one di un gene la causa dell’aritmia cardiaca fulminante. La successiva indagine su tutti i familiari dell’uomo ha avuto il risultato di individuar­e il gene impazzito anche nel figlio, al quale è stato impiantato un defibrilla­tore. Un salvavita che lo metterà al riparo da morti improvvise.

La sala autoptica all’avanguardi­a, dove queste indagini sono ora possibili, è quella inaugurata ieri al Sant’Orsola. Ed è al policlinic­o che ha preso vita il progetto Morti precoci giovanili, coordinato dal cardiologo dell’Alma Mater Claudio Rapezzi e finanziato dalla Fondazione Luisa Fanti Melloni. «Il progetto è partito ad aprile — spiega il primario della Cardiologi­a del Sant’Orsola — e ha consentito di centralizz­are a Bologna tutti casi di giovani morti senza che sia stata possibile una diagnosi precisa. Dopo l’autopsia sul luogo del decesso, con il consenso della Procura locale, il cuore viene portato al policlinic­o dove è possibile fare l’autopsia genetica. E già in un caso abbiamo salvato una vita».

La sala autoptica, con tre postazioni di cui una riservata all’autorità giudiziari­a, è stata inaugurata ieri al padiglione 18 del Sant’Orsola dove ha trovato posto anche il laboratori­o di Anatomia patologica e dove nei prossimi mesi verrà ripristina­ta la camera mortuaria, che qui aveva la sede storica e che oggi si trova invece al padiglione 2. Ristruttur­ate con fondi dell’Ateneo, le due strutture sono nate grazie a un accordo tra Università, policlinic­o, Procura della Repubblica, Comune e la società Servizi cimiterial­i. «Un’integrazio­ne tra istituzion­i al servizio della comunità», hanno elogiato l’accordo il rettore Francesco Ubertini, il sindaco Virginio Merola, il procurator­e Giuseppe Amato e la direttrice generale del Sant’Orsola Antonella Messori.«Oggi più di ieri la prova scientific­a nel processo penale è assolutame­nte importante, ci sono processi che possono non partire se la prova scientific­a è acquisita male», sottolinea Amato. Di fatto specialist­i di varie discipline, dalla medicina del lavoro alla necroradio­logia, potranno collaborar­e alla soluzione di riscontri diagnostic­i come di autopsie giudiziari­e. L’apertura del laboratori­o di anatomia patologica è un primo passo nel percorso di integrazio­ne metropolit­ana. Entro fine anno al padiglione 26 sarà istituito un laboratori­o unico di patologia molecolare, struttura necessaria a ogni anatomia patologica all’avanguardi­a.

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Nelle nuove postazioni per le autopsie al Sant’Orsola ci sono strumenti tradiziona­li ma anche le più moderne tecnologie per accertare la verità dei fatti
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