Pecorelle rosse
La fatica del pastore dalla mano ferma e il suo gregge. A Bologna è difficile. Non ci sono pecore nere, ma rosse.
Il Pastore deve condurre il suo gregge con mano ferma. Farlo a Bologna è sempre stato più difficile che altrove. Non perché fossero molte le pecore nere. Al contrario. Qui si doveva portare al pascolo una specie particolare: le pecorelle rosse. Da Lercaro in poi, causa il trascorrere del tempo e della storia, sempre miti e sempre meno rosse. Ma anche sempre di una razza particolare, nella quale si è perso il colore acceso del pelo, passato al rosa e poi al pallido, ma non il santo vizio di pensare al bene comune.
Carlo Caffarra è stato la guida di questo gregge petroniano in evoluzione cromatica all’inizio del millennio, così mutato dai ruggenti anni Cinquanta ma pure così uguale. Il cardinale teologo, il sapiente intriso di storia e di dogma, l’uomo di Chiesa abituato a pensieri secolari, ha fatto fatica a prendersi addosso l’odore del presente, quell’afrore di pecora che secondo Papa Bergoglio è il profumo del vero pastore di anime. Il cardinale emerito forse si è sentito come le Due Torri, immobili sopra lo scorrere della vita. Tutt’altro che un cultore del dubbio sterile gonfiato dai tentennamenti. Anzi, difensore della certezza, contro la volubilità e mutevolezza della dottrina che i detrattori bollano come opportunismo e invece i fan considerano profezia.
Ora questo pastore più rispettato che amato, più temuto che compreso, starà confrontando i suoi «dubia» sulla fede con il sommo fattore di riferimento. Intanto la città piange, s’interroga, cerca di capire cosa non abbia capito del suo cardinale. Perché non è accaduto, come sostiene il sindaco, che soltanto «talvolta» le opinioni e le scelte non siano state condivise tra i due Palazzi del potere. È accaduto spesso e, sui temi etici, sempre. La dialettica critica con Roma, prima sommersa e poi molto mediatica, non ha ammorbidito quella costante verso Bologna.
Il destino di Caffarra è stato opposto da quello di Lercaro. Quando l’arcivescovo mandato da Pio XII per sconfiggere il comunismo cominciò a criticare le bombe sganciate dal capitalismo americano, il Pci bolognese gli consegnò le chiavi della città. Ma tutto fu possibile solo perché il cardinale dei frati volanti e delle chiese a lutto contro l’impero di Mosca aveva elaborato la convinzione che le sue pecorelle rosse erano assai diverse e migliori di quelle nei recinti sovietici. Invece di insistere per sconfiggere Dozza e Fanti, essi stessi pastori di uomini e donne, scelse di valorizzarne il buono, che si chiama umanità. Lercaro vide in avanti, non ciò che c’era ma quel che sarebbe arrivato. Caffarra ha scelto di essere un giudice e di tuonare contro il peccato e lo slalom dottrinario.
Forse arriverà una nuova storia in cui gli verrà dato atto che il suo timone teneva la rotta giusta. Nel presente però le pecorelle, soprattutto quelle smarrite, avrebbero voluto un amore indulgente, dunque molto materno.
Se n’è andato un padre severo e intransigente, che non aggiusta le strade scomode. Sono così quelli che prima o poi tutti rimpiangono.