«Uno è matto, l’altro bollito» Ma alla fine Palacio è il migliore dei rossoblù
Prima del via critiche alla formazione con il Trenza titolare La scelta di Donadoni è perfetta, anche il modulo funziona
Un mattoncino di qualità, Palacio. Messi da parte i tre sigilli partenopei, al Dall’Ara le luci le ha accese, El Trenza. Quasi un paradosso visto l’esito della partita e i grandi giocatori schierati da Sarri, eppure è così. L’ultimo arrivato, il più anziano dei 22 in campo (anche più di Reina e Mirante), ha tenuto su da solo, o quasi, il Bologna. La sorpresa è nella quantità perché dei piedi e della testa sapevamo. Doppia sorpresa perché all’annuncio delle formazioni, una mezz’oretta prima dell’inizio, mezzo stadio s’è guardato in faccia ipotizzando un impazzimento di Donadoni: «Contro il Napoli giochiamo con un 4-2-3-1?», «ci massacreranno in mezzo al campo», «come fa la squadra a reggere quattro attaccanti?». Più o meno quanto si diceva sui social, «è matto, come si fa a giocare con un vecchietto ormai bollito proprio contro il Napoli?». Previsioni mai così poco azzeccate. Almeno fino a quando non ci sono stati gli svirgoloni di Masina e Pulgar.
Prima c’è stato soprattutto Rodrigo, l’uomo dalla trecciolina d’oro, inossidabile e a quanto pare infinita. Fortissimamente voluto da Donadoni, che aveva bisogno come il pane di un giocatore di spessore nel gruppo. E quindi in campo. Ecco l’occasione giusta per farlo partire dal 1’, contro una grande. E lui ha ricambiato deliziando. Il pubblico del Dall’Ara, assetato di calcio vero e non di semplici pedate, ha gradito assai. Era l’ora.
Palacio accanto a Destro e insieme ai due esterni pronto a bloccare il centrocampo avversario e ripartire quanto prima. Bologna a due punte, ma solo se tutti corrono come dei pazzi. E lui non s’è risparmiato. Il fatto è che ogni palla che toccava — perché sapeva chiamarla, accoglierla e poi giocarla — innescava sempre qualcosa. Spazi, giocate, compagni di squadra, cambi di campo, metri da calpestare. Stop e servizio al compagno. Spizzata e via nello spazio. Un’occhiata ed eccolo arrivare prima sulla palla. Nei primi 25’ ogni azione è passata dal suo piede.
Punta, prima o seconda, e comunque capace di non dare riferimenti agli avversari. E di toccare la palla come si deve. A partire dallo stop, fondamentale che fa la differenza. Ora a destra, ora più basso a scaricare sui centrocampisti, ora in profondità. Ha voglia di giocare, sa giocare. Accanto a lui Destro sembra quello più anziano. Che impari a offrirsi alla squadra anche l’ex romanista.
Scambi veloci, triangoli stretti, aperture improvvise e poi falli conquistati (come quello al limite dell’area con successiva punizione di Verdi che va a sbattere sulla traversa) e cross riusciti (come quello finito sul piede di Di Francesco con tap in fuorigioco di Masina). Trecciolina col dono del’ubiquità.
«È intelligente, è sempre stato intelligente», dirà Arrigo Sacchi nell’intervallo, individuando in lui la svolta rossoblù. Non da meno Eraldo Pecci, «sa cosa bisogna fare». Nel primo tempo è andata così. E dopo cosa succederà? Quel ragazzo dell’82 continuerà a correre e a fare la partita? Ma certo. Ha ripreso come se nulla fosse, arrivando dopo una manciata di minuti quasi al tiro servito in profondità da Verdi. L’ha fermato Koulibaly. Poi lo sforzo, i crampi e al 76’45” è finita la sua partita. Naturalmente fra gli applausi.
Non è passato un mese dal suo arrivo a Bologna, era il 17 agosto. Che sia lui la svolta di questa stagione? Piccola grande eccezione del progetto rossoblù. Nel caso, un ingaggio speso bene.