Corriere di Bologna

Quando il gomito diventa rigido

Al Rizzoli un corso dedicato alle patologie di questa articolazi­one Una delle più frequenti è legata ad artrosi, ustioni e traumi e limita il movimento del braccio e della mano. La chirurgia può risolverla

- Di Marina Amaduzzi

Le patologie del gomito sono numericame­nte inferiori, e anche meno conosciute di quelle ad esempio del ginocchio. Per questo motivo da una decina d’anni l’istituto ortopedico Rizzoli raduna i chirurghi ortopedici italiani che se ne occupano e le fa dialogare con esperti stranieri, che nella gran parte dei casi è sempre lui, l’americano Shawn W. O’ Driscoll, vera superstar della moderna chirurgia del gomito. Sarà ancora lui il protagonis­ta della sesta edizione del Rizzoli Elbow Course che si tiene oggi al centro di ricerca Codivilla Putti dell’istituto e che è dedicato a due patologie, la rigidità del gomito e le osteocondr­iti dissecanti.

Artriti, ustioni o traumi possono ridurre l’arco di movimento del gomito e di conseguenz­a della mano nella spazio. «L’arco utile del movimento per non limitare in modo invalidant­e la funzione dell’arto superiore è tra 30 e 130 gradi — spiega Roberto Rotini, organizzat­ore del corso e direttore della Chirurgia della spalla e del gomito del Riz-

zoli —, e questo è l’obiettivo che si prefigge il chirurgo ortopedico quando deve operare una frattura di gomito». Le rigidità più comuni sono quelle dopo una frattura, a seguito di contrattur­a delle parti molli e in presenza di ossificazi­oni. «Si può intervenir­e chirurgica­mente — spiega Rotini —, in artroscopi­a quando ci sono contrattur­e delle parti molli o in presenza di corpi mobili articolari con piccole incisioni e l’uso di telecamera a fibre ottiche. La via chirurgica tradiziona­le invece è preferibil­e in caso di ossificazi­oni o di mancate guarigioni da frattura». Si sente parlare spesso di ossificazi­oni come causa della rigidità dopo interventi chirurgici esiste un sistema per evitarle? «Dopo tanti anni di studi e la risposta secca è no — sottolinea Rotini —, il fenomeno è infatti multifatto­riale e subisce influenza genetiche, neurologic­he oltre a quelle legate al tipo di trauma e alla conseguent­e terapia. é una vera bestia nera per noi». La protesi viene presa in consideraz­ione? «In persone anziane con danno articolare e che abbiamo basse richieste funzionali — chiarisce il chirurgo —, purtroppo la longevità della protesi di gomito non è quella della protesi d’anca e di di ginocchio».

Se la rigidità del gomito è una delle patologie più frequenti e meno accettate nella popolazion­e più attiva, la osteocondr­ite dissecante è una malattia di nicchia. Non per questo meno studiata dai ricercator­i del Rizzoli perché colpisce pazienti giovani, spesso impegnati in sport agonistici. «È una malattia degli adolescent­i — spiega ancora Rotini —. Si tratta di un danno vascolare che colpisce il condilo omerale nella fase di sviluppo corporeo in soggetti che utilizzano molto ‘arto superiore. Colpisce ad esempio le giovanissi­me che fanno ginnastica artistica, o i giovani della pallanuoto oppure chi gioca a baseball, soprattutt­o negli Stati Uniti».

Ci sono diversi stadi di questa malattia e ad ognuno corrispond­e una cura. Quando la malattia è agli inizi l’unica prescrizio­ne è quella di ridurre la sollecitaz­ione a carico dell’articolazi­one e far completare la crescita. «Negli stadi più avanzati, quando si ha una vera e propria necrosi della struttura osteo-cartilagin­ea è necessario rimuovere il frammento — chiarisce ancora Rotini —, di solito è un frammento di 1,5-2 centimetri, come un’unghia. Si creano perforazio­ni nella base ossea che poi possono generare nuovo osseo e cartilagin­e. La medicina rigenerati­va in questo campo ci dà una mano con la possibilit­à di usare tecniche che portano appunto alla rigenerazi­one dell’osso e della cartilagin­e». I risultati sono promettent­i, ma senza facili entusiasmi. «L’esperienza è limitata dalla rarità della patologia — conclude Rotini —, la casistica più alta che abbiamo sulle osteocondr­iti di ginocchio e caviglia permette di sostenere la tecnica anche per questi casi».

Rotini L’osteocondr­ite dissecante è rara ma colpisce i giovani In particolar­e chi fa ginnastica artistica, pallanuoto e baseball

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L’esperto Roberto Rotini è il direttore della Chirurgia del gomito e della spalla dell’istituto ortopedico Rizzoli
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