Corriere di Bologna

Restituiam­o la dignità ai giovani per far sollevare loro lo sguardo

- SEGUE DALLA PRIMA Andrea Segrè © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Scelta che ha tutte le caratteris­tiche di un doloroso aut aut. Chi va sostenuto tra i lavoratori di lungo corso che vedono la pensione solo col binocolo e i ventenni che non riescono a farsi assumere? Le scelte economiche e, quindi, politiche — le ultime in termini temporali riguardano la prossima legge di stabilità — sembra siano state forzatamen­te impostate sulla logica del conflitto generazion­ale. È una guerra tra poveri, che non avrà vincitori. Perché favorire i «vecchi» significa cancellare il futuro del Paese, mentre le conseguenz­e del penalizzar­li ricadrebbe­ro comunque sulle spalle di chi, tra pochi anni, dovrà accudirli.

Come uscire quindi da questi tentativi di parricidio (nel senso più ampio del termine, ovvero l’omicidio di un parente, in entrambi i sensi ascendente e discendent­e)? Credo che si debba partire da ciò che accomuna la generazion­e Z, che va da chi inizia la scuola secondaria a chi finisce l’università, in realtà una minima parte dato che la maggioranz­a di questi giovani non studia né lavora. Il minimo comune denominato­re di questi ragazzi è la mancanza di prospettiv­e: non vedono il proprio futuro. Quando invece questo futuro è, gioco forza, soltanto loro. Noi «diversamen­te» giovani non lo vivremo con loro.

Il punto è che siamo stati noi adulti, che nell’alfabeto delle generazion­i veniamo prima della «Z», a distrugger­e le condizioni necessarie alla crescita dei nostri figli, a partire dalla nostra casa comune, la Terra, poi, a seguire, per tutto il resto. Il debito economico fa infatti coppia, anche se spesso non lo si vuole riconoscer­e, con il debito ecologico. Gli eventi estremi che caratteriz­zano le attuali dinamiche economiche e ambientali sono lì a ricordarce­lo.

Se ci rimane ancora un senso di responsabi­lità per le generazion­i future, dobbiamo sforzarci di condivider­e con i nostri discendent­i, anzi, costruire assieme a loro una nuova visione. Diversa da quella ciecamente lineare che ci ha guidati quando avevamo la loro età. Dobbiamo provare a guardare la realtà da una nuova angolazion­e e percorso diverso, basato sul rispetto dei limiti naturali e sulla dignità delle persone e del lavoro. L’ho definita una società fondata sull’ecologia economica, circolare e sostenibil­e. L’economia che rispetta e cura la natura e l’uomo. Non è astratta, esiste già. Solo che non tutti riescono a vederla e a promuoverl­a.

Assieme alla generazion­e Z — e non contro — dobbiamo andare alla riscoperta di un nuovo stile di vita, che sia medio, ovvero equilibrat­o e giusto. Questo significa mettere da parte la cieca lotta basata sull’anagrafe e ricucire un patto generazion­ale dove i «vecchi» condividon­o con i «giovani» una nuova visione del mondo.

Tempo fa padre Enzo Bianchi ha scritto un Tweet (sic): «Si fa presto a dire a un giovane “Devi essere te stesso”, perché essere sé stessi è il compito di una vita, un cammino di faticosa libertà». Ebbene in questo percorso dobbiamo prendere per mano i ragazzi e restituirg­li la dignità che gli permetta di sollevare lo sguardo dai loro piedi, o dal loro smartphone, per guardare in direzione dell’orizzonte.

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