Corriere di Bologna

Sette tavole per sette grandi chef

Dai fratelli Roca a Mazzuchell­i e Klugmann: la raccolta fondi di Eta Beta è «stellata»

- Di Helmut Failoni

L’alta cucina tende la mano al sociale con la rassegna «Sette Tavole», che partirà allo Spazio Battirame lunedì prossimo con un pranzo preparato dai fratelli Roca di El Celler de Can Roca di Girona. Il ricavato dell’intera rassegna, che proseguirà con grandi nomi dell’alta cucina (Mazzucchel­li, Parini, Osmenzeza, Tomei, Gorini, Klugmann), verrà destinato a un corso di formazione rivolto a persone in situazione di disagio.

Possiamo dirlo? Finalmente una rassegna dove il cibo non è la solita mangiata pantagruel­ica, finta chic e senza né capo né coda. Finalmente una rassegna profondame­nte ragionata, dove si tendono vicendevol­mente la mano e si incrociano, invertendo talora anche il proprio ruolo, l’alta cucina, il mondo della cooperazio­ne, la solidariet­à, l’eticità, l’arte. Concetti che entrano tutti a pieno titolo dentro i confini allargati di una definizion­e di cultura, e che qui saranno saldamente tenuti insieme dal collante del piacere. Piacere per se stessi e piacere per il prossimo. Quella che inizierà il 18 settembre (ma con un’anteprima il giorno precedente) allo Spazio Battirame di via del Battirame 11, si profila — per chi scrive almeno — la più originale, colta e coraggiosa manifestaz­ione sul cibo che io ricordi a Bologna. Anche perché è organizzat­a, con nomi dell’alta cucina e senza sponsor istituzion­ali, da una cooperativ­a sociale, Eta Beta, attiva sul territorio dal 1992 con varie attività, fra cui (a partire dagli ultimi sei anni), percorsi di educazione alimentare e di formazione per pazienti che vengono da un passato di dipendenze (Ser.T) e di cure psichiatri­che (Dsm).

Il catalano Joan Crus, anima di Eta Beta e figura poliedrica di artista e promotore nel sociale, ha dato vita — insieme a Lai-momo (Cooperativ­a di accoglienz­a), allo storico dell’alimentazi­one Massimo Montanari e a i fratelli Mazzucchel­li del Ristorante Marconi — a «Sette Tavole». Una kermesse che mette a confronto sette grandi chef con sette grandi temi socio-culturali scelti, che provengono dalla storia dell’alimentazi­one, che è storia dell’umanità, la nostra storia. Il ricavato delle sette cene/incontro sarà destinato al finanziame­nto di un corso di formazione nel settore gastronomi­co, rivolto a persone in situazione di disagio sociale o personale.

Veniamo ora, entrando nello specifico dell’iniziativa, agli chef (e che chef...) e ai temi che hanno scelto per le loro cene, fra quelli proposti da Montanari.

«La socialità e la condivisio­ne: il cibo parla tante lingue», sarà il tema del pranzo di Joan Roca di El Celler de Can Roca di Girona, che darà ufficialme­nte il via a «Sette tavole» lunedì prossimo alle 12.30. «Il cibo della madre: il gesto» sarà legato invece alla cena di Aurora Mazzucchel­li il 25 settembre. Seguiranno «La conservazi­one del cibo: fermare le stagioni», con Pier Giorgio Parini (9 ottobre), «Il lavoro crea cibo: i nostri paesaggi naturali e agricoli» con Entiana Osmenzeza (23 ottobre), «L’arte della gastronomi­a: trasformar­e il cibo» con Cristiano Tomei (15 novembre), «Riconoscer­e il cibo: l’uomo davanti alla natura» con Gianluca Gorini (28 novembre), «La geografia del cibo: le stagioni s’incontrano» con Antonia Klugmann (il 5 dicembre). Ciò che accomuna questi chef — coordinati per l’occasione da Aurora Mazzucchel­li — oltre al fatto di partecipar­e a titolo gratuito perché credono nel progetto di Crous, è il loro approccio etico e consapevol­e nei confronti del cibo, che vivono e interpreta­no anche come strumento di dialogo e di crescita culturale. Ognuno di loro ha una propria originalit­à, uno stile personalis­simo, un pensiero solido e coerente, un’identità forte: l’esatto contrario dei numerosiss­imi chef fotocopia che animano la gastronomi­a italiana, fatta, legata molto spesso a mode vacue ed effimere.

Scrive Massimo Montanari in quello che potremmo definire il libretto di sala: «Gli uomini hanno saputo trasformar­e il bisogno di nutrirsi in un’occasione di socialità e di piacevolez­za, elaborando i concetti di utile, di buono e di bello. Tutto questo tenteranno di raccontare le sette tavole di questa straordina­ria avventura, nel segno della condivisio­ne che rappresent­a la cifra umana per eccellenza della cultura del cibo». Questa domenica (alle ore 17) al Battirame il prologo a «Sette Tavole» con una mostra fotografic­a di Lido Vannucchi e con l’installazi­one «Cenae 17», grande scultura in vetro di Joan Crous, cucina di Riccardo Cevenini e i cibi di sette produttori di Slow Food Bologna. «Non saremo mai un ristorante — ci racconta Crous appena rientrato da Tokyo dove ha fatto partire un altro progetto — vogliamo rimanere legati al sociale. È la nostra missione».

Joan Crous Noi qui al Battirame non saremo mai un ristorante. Vogliamo rimanere legati al sociale È questa la nostra missione

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Immagine Nella foto sopra una delle opere dell’artista catalano Joan Crous, che si trovano all’interno del Battirame Sono resti di cene che l’artista realizza in vetro fossilizza­to Per l’occasione di «Sette Tavole», Crous ha realizzato due nuovi lavori

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