Corriere di Bologna

La crisi di Krejci & Nagy E Pulgar sbotta online

L’ala ceca in campo per 25 minuti, Ádám sempre in panca Ecco perché sono scivolati nella graduatori­a di Donadoni

- Fernando Pellerano

Naufraghi e dispersi. E non a causa di Irma. Tempi duri in casa rossoblù per Nagy e Krejci. Le due stelline dell’est acquistate l’anno scorso direttamen­te dall’Europeo si sono spente. Nagy pagato un milione e mezzo mentre Krejci è costato quattro milioni. Ora è buio totale sotto il loro cielo. Donadoni non li vede, non li vede più. Non in questa prima fase di stagione perlomeno. Su 540 minuti a disposizio­ne nelle prime tre partite di campionato i due hanno giocato pochissimo: addirittur­a inchiodato in panchina l’Ádám con i due accenti e scarpini slacciati, solo 25’ per l’impalpabil­e Ladislav (8’ col Toro e 17’ con il Napoli).

Una coppia in crisi. Riavvolgen­do il nastro assistiamo infatti a tutto un altro film. Un anno fa all’esordio entrambi titolari in casa contro il Crotone e il Cagliari ed entrambi in panchina nella disastrosa manita subita da Belotti a Torino e in campo solo nella ripresa per un’abbondante mezz’oretta già sull’1-3.

Prestazion­i confortant­i: curiosità e ammirazion­e per il gracile, ma guizzante Nagy (recuperato­re di palloni e pronto a scaricare la palla) posizionat­o prima come interno e poi come play; ancor più convincent­e il ceko dalla capigliatu­ra nedvediana che confeziona pure un assist per Di Francesco nella vittoria contro i sardi. È questo il colpo migliore di Krejci, l’assist. Ne confezione­rà 8 alla fine del campionato, dunque tra i top 15 della serie A. Pochi invece le reti, solo 2. Addirittur­a zero per Nagy che può contare solo su un’assistenza a Verdi nel gol siglato al San Paolo.

Ma non sono i numeri ad aver tenuto sugli scudi i due giocatori l’anno scorso, bensì la convinzion­e di Donadoni nell’utilizzarl­i per il gioco che garantivan­o: tanta corsa e copertura Krejci, geometrie e vivacità là in mezzo Nagy.

Poi, verso la fine della staFrances­co, gione qualcosa è cambiato, anzi molto. L’ungherese s’è rotto e dopo la sconfitta con la Roma non s’è più visto (22 da titolare fino a quel momento, ma era già calato comunque). Il ceko, in evidente affanno di gioco e d’idee, e comunque forte di 33 match da titolare, ha resistito oltremodo (solo grazie a Donadoni) alla forma strepitosa di Di Francesco, quindi gli ha concesso minuti e quarti d’ora.

Con la nuova stagione si è tirata una riga alle somme accumulate durante la precedente stagione e Krejci è diventata la seconda scelta sulle corsie esterne occupate da Verdi e Di mentre Nagy è scivolate indietro nelle gerarchie del centrocamp­o nonostante l’auspicato irrobustim­ento fisico. Per il ragazzo della via Pál del concittadi­no Molnár pare non ci sia spazio nel centrocamp­o di Donadoni, sia che si giochi col 4-2-3-1, cioè con due mediani davanti alla difesa, né col 4-3-3 dove è stato utilizzato sia come interno sia come regista basso: un dubbio mai risolto anche guardando come gioca in Nazionale.

Fra l’altro la partitacci­a in Coppa Italia contro il Cittadella, che avrebbe dovuto giocare da trequartis­ta (altra improvvisa­zione del tecnico dopo la rottura tedesca di Falletti) ed è finito stritolato dai veneti in mediana, non l’ha aiutato. Di Krejci s’è detto tutto e di più: gol non ne fa, l’uomo lo saltava giusto un anno fa, si sbatte a vuoto, lo score degli assist pare non averlo premiato e Di Francesco gli ha sverniciat­o il biondo bulbo.

Involuto si dice in questi casi. Per lui bisognereb­be forse scomodare il connaziona­le Kundera con L’insostenib­ile leggerezza dell’essere. Solo Donadoni potrà salvare i ragazzi acquistati alla Fiera dell’Est: basta che alla fine della filastrocc­a escano due giocatori veri.

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