Fondazione, è ancora stallo Appello di Sibani sulle regole
Niente voto sul nuovo statuto. Sibani: «Serve trovare un’intesa»
Niente accordo e quindi niente voto sul nuovo statuto. Ancora stallo sulle regole in Fondazione Carisbo e Sibani si appella all’unità.
La Fondazione Carisbo riprende da dove si era fermata: con uno stallo su regolamento e modifiche dello statuto e un muro contro muro tra i consiglieri di nomina assembleare e quelli di nomina istituzionale. Ieri, il Collegio d’indirizzo di Palazzo Saraceni ha ripreso in mano il dossier sul conflitto d’interessi: il regolamento, più restrittivo dello statuto, prevede che non si possano destinare «erogazioni, contributi o conferimenti ad enti ed organismi esterni dei quali faccia parte, come amministratore, socio o componente, uno o più membri degli organi della Fondazione».
Norma di recente approvazione (aprile 2016), ma che per la maggioranza dei componenti del collegio è troppo severa perché impedisce di destinare fondi a molti istituti di cui fanno parte rappresentanti di via Farini. Ieri si doveva arrivare al voto, poi evitato perché rischia di mancare la maggioranza dei due terzi visto che a opporsi sono sette consiglieri su venti. Si cerca una mediazione: un’ipotesi è quella di limitare l’interpretazione restrittiva del regolamento ai soli amministratori, quindi consiglieri ed eventualmente membri del Collegio d’indirizzo e cambiarla per i soci, permettendo così che le associazioni di cui fanno parte possano accedere ai finanziamenti della Fondazione se non vanno a loro diretto vantaggio economico. Il tutto mettendo, però, una soglia massima a queste erogazioni.
Ieri la proposta non è passata, ma si tratta su questa falsariga perché con una modifica del genere la minoranza potrebbe votare a favore. Il presidente della Fondazione Carisbo, Leone Sibani, spinge per un accordo, preoccupato per le conseguenze del muro contro muro: «Credo che si debbano tutti quanti sforzare: sarebbe opportuno che si trovasse un’intesa, perché chiunque venga sconfitto potrebbe avere reazioni che produrrebbero alla Fondazione un danno d’immagine che non può non essere considerato». Ma intanto i conflitti sul tavolo aumentano: ieri si è parlato anche delle modifiche dello statuto, proposte dal cda già all’inizio dell’estate. Tre i punti su cui lo scontro rischia di infiammarsi. Il primo, forse il più difficile da accettare per la minoranza, è un cambio nel metodo di selezione dei componenti del collegio: se passasse la modifica, le istituzioni non nominerebbero più direttamente un componente, ma ciascuna proporrebbe una rosa di tre fra cui poi sceglierebbe l’assemblea. Un modo, sostengono in via Farini, per assicurarsi che sia rispettata la rappresentanza di genere. Ma per i consiglieri di minoranza è un tentativo di indebolire le istituzioni all’interno di Palazzo Saraceni. Al vaglio anche l’ipotesi di cambiare il numero di componenti, recentemente passato da 28 a 20, per tornare a 24. L’idea è quella di nominare due rappresentanti delle onlus, a cui farebbero da contraltare due consiglieri in più espressi dall’assemblea.
E in questo modo, alle istituzioni non basterebbero più sette consiglieri per opporsi alle deliberazioni della maggioranza: ne servirebbero nove. La terza proposta di modifica riguarda il mantenimento della maggioranza dei due terzi solo per le decisioni sullo statuto. E il problema delle modifiche al regolamento sarebbe risolto alla radice. Sulle modifiche statutarie, che prevedono altri punti come l’eliminazione di via Farini numero 15 come sede obbligatoria della Fondazione, si attende il parere dell’assemblea consultiva. Fuori dalla discussione, per mancanza di tempo, sono rimasti il piano programmatico 2018 e il piano triennale 2018-2020: si va verso erogazioni di 18 milioni l’anno prossimo, che poi dovrebbero essere confermate nei due anni successivi.