Primarie o «caminetti» L’eterno rebus del partito tra unità e gara vera
La novità Dal 2008 le primarie contendibili sono state poche. La sfida senza vincitori certi è inedita
Di questi tempi, a stare troppo vicino al fuoco dei caminetti della politica si rischia di rimanere scottati ma anche l’indigestione di primarie per decidere qualsiasi cosa rischia di creare una overdose di partecipazione e di contendibilità delle cariche, come ha provato a spiegare qualche settimana fa il deputato del Pd Andrea De Maria, ad una Festa dell’Unità.
Nei giorni scorsi gli uomini del segretario Pd, Francesco Critelli, hanno accusato Rizzo Nervo di aver partorito la candidatura alla segreteria del Pd all’interno di un caminetto, nelle stesse ore in cui Critelli riuniva il suo caminetto al ristorante Bertoldo della Festa dell’Unità. Rizzo Nervo non l’ha presa bene e ha risposto che «ci vuole rispetto». E anche il sindaco Merola, scatenato alla sua prima uscita pubblica dopo l’estate, se l’è presa con la sinistra e con i renziani di Per Davvero ma sui caminetti ha sentito il bisogno di precisare che lui non ne fa e che quando ha detto che serviva l’unità del partito lo ha fatto apertamente e con trasparenza. Maledetti caminetti. Qual è il punto di caduta ideale tra i caminetti e le primarie per ogni cosa che riducono i segretari di partito ad una specie di arbitro o notaio? Ah, saperlo! Per la verità, se si guarda alla recente storia amministrativa e politica bolognese, cioè se si guarda a quello che è successo nel Pd dal 2008 in poi si scopre che di primarie vere ne sono state fatte pochine e che spesso le decisioni sono state prese nei caminetti o in gruppi ristretti. Anche quando poi magari si sono organizzate le primarie. Tutti i segretari regionali e provinciali del Pd sono stati decisi o con un accordo politico o con un congresso dove già si sapeva chi avrebbe vinto.
Ad essere sinceri è stato proprio Merola uno dei pochi ad andare contro le decisioni prese nei caminetti. Quando il partito decise di puntare su Favio Delbono come candidato sindaco, Merola alzò la mano per sfidarlo: gli andò male e vinse il candidato del caminetto. Due anni dopo fu il suo turno: il suo nome uscì da una specie di caminetto ma non di quelli con il fuoco che brucia bene e dove regna l’armonia. Furono giorni complicati, con il duello tra Merola e De Maria e alla fine Bersani scelse il primo e promise un posto da deputato al secondo. Merola fece le primarie contro Amelia Frascaroli e Benedetto Zacchiroli ma erano primarie da vincitore designato. Il suo bis fu deciso da un caminetto con due soli invitati: lui e De Maria. Il deputato Pd qualche tempo fa, con grande onestà intellettuale, ha criticato apertamente le troppe primarie. Ha ricordato di aver militato in un partito in cui i dirigenti si prendevano le responsabilità e decidevano di volta in volta le cose. Perché si era «a disposizione del partito». Mentre ora, ha detto De Maria, «quando uno si candida a qualcosa ce ne sono subito altri tre che alzano la mano». Non è facile trovare un punto di sintesi tra le due tendenze. Ma di sicuro la sfida tra Critelli e Rizzo Nervo senza un vincitore designato rappresenta un autentica novità. «Ma perché vi spaventa tanto un congresso vero?» ha chiesto un giornalista a Merola alla Festa dell’Unità che non ha risposto. Forse perché, per parafrasare una celebre espressione, in un congresso vero i voti si contano e non si pesano. E soprattutto senza il caminetto non c’è niente da spartire.