Corriere di Bologna

«Il gol a Baggio fu la gioia più bella Donadoni? Un gigante in campo»

VERSO LA FIORENTINA PARLA GEOVANI

- Alessandro Mossini © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Era il 5 novembre 1989, quando la stella di Geovani Silva brillò al Franchi: missile da oltre 25 metri sotto la traversa e Firenze espugnata 1-0. Un lampo quasi isolato in quella stagione, che l’ex centrocamp­ista brasiliano ricorda con piacere dopo un periodo complicato di salute.

Iniziamo dalle buone notizie: ora sta meglio. Quali sono le sue condizioni?

«Credo che il peggio sia passato. Nel 2003 mi è stato diagnostic­ato un cancro alla colonna vertebrale che ne ha “mangiato” un piccolo pezzo: per questo di recente mi sono sottoposto a un intervento per rinforzarl­a, anche dopo la polineurop­atia che ha colpito i movimenti delle gambe e delle braccia. Nel 2010 poi ho avuto un ictus che mi ha creato problemi alla mano destra. Ma grazie a Dio ho recuperato bene».

Qualche mese fa è tornato anche in campo in una partita benefica. Pochi minuti, ma cosa ha provato?

«Un momento molto speciale perché si giocava nello stadio del club dove ho cominciato, la Desportiva Ferroviari­a, e nella città dove sono cresciuto. Era una partita per sensibiliz­zare sul tema dell’autismo e con me in campo c’era Romario, che ora è un senatore del Brasile».

Nel 2016 è stato tra i tedofori alle Olimpiadi di Rio.

«L’invito mi ha toccato molto, mi sono sentito una persona privilegia­ta perché in qualità di simbolo della lotta alla malattia potevo portare un simbolo così importante come la torcia olimpica. E mi ha ricordato quell’argento a Seul 1988 con la mia nazionale».

L’anno dopo arrivò a Bologna. Che ricordi ha?

«Una splendida città, dove le persone mi hanno trattato da re nonostante sul campo per me sia stata un’annata complicata. Nel 2009 sono tornato a Bologna per il centenario del club e mi sono sentito a casa: il ricordo dei tifosi bolognesi mi onora sempre. Lì ho giocato poco ma ho fatto del mio meglio per i bolognesi, gente appassiona­ta a cui piace vivere bene».

Quel gol a Firenze se lo ricorda?

«Certo, fu il mio primo gol col Bologna. Era la Fiorentina di Dunga e Baggio. L’esperienza in rossoblù fu breve ma conquistar­e la qualificaz­ione in Uefa fu una grande gioia».

Un mese dopo quel gol, giocò a San Siro. Milan-Bologna 1-0, decide su punizione Donadoni.

«Il Bologna faceva fatica contro quelle squadre, ricordo bene la partita e l’emozione di giocare a San Siro. Donadoni quel giorno segnò un gran gol: l’avevo affrontato anche com la nazionale contro l’Italia: era un giocatore di alto livello, molto intelligen­te con la palla tra i piedi. Non mi stupisce sia diventato un buon allenatore, spero faccia ancora bene sulla panchina rossoblù».

A quei tempi tre nazionali come lei, Andrade e Renato Gaucho, trovarono grandi difficoltà in serie A. Ora per i brasiliani è più facile?

«Il nostro calcio vive un periodo di cambiament­i, stiamo

Il rapporto con il tifo Le persone mi hanno trattato da re nonostante sul campo per me sia stata un anno complicato

cercando di adattare il nostro stile talentuoso. Ai nostri tempi era dura: in quel momento la serie A era il miglior campionato del mondo, pieno di fenomeni. Ritagliars­i un posto da titolare non era semplice».

Ora è vicepresid­ente della federcalci­o di Espirito Santo, lo stato brasiliano in cui è cresciuto. Le piacerebbe collaborar­e col Bologna di Saputo?

«Potrei aiutare molto come osservator­e dal Brasile. Ci sono tanti giovani di valore, come Wendel che a breve andrà al Psg, Roger Guedes del Palmeiras o Mateus Vital del Vasco. Nel mio stato posso segnalare il difensore Wesley Dias del Vitoria o Joao Vitor che gioca nella Desportiva Ferroviari­a. Mi piacerebbe dare una mano al Bologna in questo modo».

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