Da Monteverdi a Stockhausen
La rassegna «Il Nuovo, l’Antico» quest’anno è dedicata ai due compositori in occasione dei loro rispettivi anniversari. Si parte il 18 settembre. Lonquich sarà il protagonista del «Ritratto d’artista»
contrari sono coloro che muovono davvero l’animo nostro», scriveva Claudio Monteverdi quando si accingeva a mettere in musica i testi di Torquato Tasso. Contrari, anche solo apparenti. Contrari che a volte possono rivelarsi in realtà delle similitudini. Come quelle che si possono riscontrare fra la musica antica e quella nuova. Quanta somiglianza c’è fra il gregoriano e il minimalismo, lo potete chiedere a Steve Reich. Zenit e Nadir della musica, che a volte sono molto più vicini di quanto non si possa pensare. Ogni anno, proprio in questo periodo, ce lo conferma quella bellissima rassegna dentro Bologna Festival che già nel titolo dichiara in maniera manifesta le proprie intenzioni: Il Nuovo, l’Antico. E ogni anno, grazie alle scelte di Mario Messinis, sopraffino direttore artistico nonché musicologo di chiara fama, il pubblico ha la possibilità di assistere a programmi di integerrima coerenza, dove nulla è lasciato al caso e che in più posseggono ancora quel sempre più raro dono che è la grazia dell’imprevedibilità. Vediamo allora, in sintesi, il programma che si snoderà fra il 18 settembre e il 29 novembre. Si partirà con il progetto Stockhausen, dieci anni dopo (18 – 23 settembre) dedicato al compositore tedesco, con diverse prime esecuzioni assolute di compositori italiani commissionate da Bologna Festival, di cui Maddalena da Lisca è direttore generale. Si proseguirà con il ciclo di quattro concerti Monteverdi sacro e profano (5 – 26 ottobre) e con i tre concerti del pianista Alexander Lonquich (10 – 14 novembre), protagonista quest’anno — dopo Isabelle Faust nel 2105 e Ian Bostridge nel 2016 — del Ritratto d’Artista. La programmazione autunnale quest’anno arricchirà la proposta con una iniziativa dedicata a musica e poesia, Intimités lyriques (31 ottobre – 21 novembre) e con il concerto benefico Concerto per un sorriso con Accademia Bizantina e Ottavio Dantone (3 novembre). A conclusione della programmazione, il 29 novembre, il consueto concerto del vincitore del Premio del Pubblico, che in questa edizione è la pianista Elena Nefedova.
A Claudio Monteverdi nel 450° anno della nascita e a Karlheinz Stockhausen nel decennale della morte sono dedicati i due grossi progetti in cui si articola la rassegna, che avrà luogo negli spazi dell’Oratorio San Filippo Neri, del Museo della Musica e della Chiesa di Santa Maria dei Servi. Di Claudio Monteverdi, oltre alla produzione madrigalistica nelle esecuzioni de La Venexiana, de La Compagnia del Madrigale e del tenore Leonardo De Lisi, si potrà ascoltare il Vespro della Beata Vergine, con il superlativo Collegium Vocale Gent diretto da Philippe Herreweghe. «È la più grande opera sacra del ‘600 — sottolinea Messinis — e riassume tutte le possibilità compositive e la molteplicità di stili dell’epoca, ma guardando molto avanti. È senza dubbio il brano più avanzato che Monteverdi abbia scritto».
La rassegna parte, come dicevamo, il 18 settembre con la musica di Stockhausen. Oltre alle composizioni del musicista tedesco, che occupano naturalmente la gran parte della programmazione, figurano sette prime esecuzioni commissionate da Bologna Festival ad alcuni compositori italiani: Gilberto Cappelli, Alberto Caprioli, Stefano Gervasoni, Adriano Guarnieri, Fabio Nieder, Luigi Sammarchi, Marco Stroppa. «Quello dedicato a Stockhausen, compositore tedesco anti espressionista, cosa non usuale — ammette Messinis — è il progetto più impegnativo, nel quale ascolteremo alcuni brani celebri e molto eseguiti come i Klavierstücke nel loro gelido astrattismo e poi Kontakte, che nasce come musica elettronica, alla quale però il compositore ha aggiunto in un secondo momento due strumenti. E questo era un suo tipico modo di lavorare. Sapeva sfruttare al meglio le possibilità intrinseche nelle sue composizioni, di cui proponeva diverse versioni». Messinis ricorda anche come Stockhausen amasse improvvisazione e aleatorietà nella sua musica, presentando agli interpreti solo bozze di scrittura per lasciare loro più liberta, «anche se in realtà l’aleatorietà era solo apparente, perché era lui che istruiva personalmente gli esecutori...». La scelta di Messinis è andata però sulle partiture con indicazioni precise dall’inizio alla fine e sulle opere che fanno capo al ciclo Klang, nel quale l’idea del sacro viene portata a conseguenze estreme, vicino ai confini del misticismo. Messinis cita poi il brano Freude, che «vive nella luce e per la luce, nella gioia siderale di due arpe». Per la prima volta verranno inoltre ripresi in Italia gli Unsichtbare Chöre da Donnersatg aus Licht. Gli esecutori invitati sono fra i massimi interpreti e conoscitori della musica del compositore tedesco. Onnipresente e fondamentale la regia del suono di Alvise Guidolin, che dice: «Stockhausen è stato il pioniere della musica nello spazio, sia dal punto di vista strumentale che elettronico. Kontakte è il simbolo della musica nello spazio».