«Non vogliamo stranieri tra i nuovi inquilini» Palazzo in rivolta contro l’avviso della proprietà
L’episodio nello stabile della famiglia delle chiavi Viro: «Un eccesso di zelo della segretaria, è stato rimosso»
Un avviso appeso sul muro, all’ingresso del palazzo, con le istruzioni per gli inquilini: «Si ricorda che eventuali subentri, in caso di contratto, di nuove persone fisiche devono essere approvati dalla proprietà. Non si prendono in considerazione stranieri anche se in possesso di permesso di soggiorno». Il foglio A4 non è firmato, ma ha mandato su tutte le furie alcuni degli inquilini di via del Borgo di San Pietro 99, dove è rimasto appeso fino a ieri mattina. Per la quasi totalità si tratta di studenti in affitto in una cinquantina di appartamenti, tutti di proprietà della famiglia Bonori Innocenti: nome importante dell’imprenditoria bolognese, visto che è proprietaria, dal 1955, di Viro spa, l’azienda produttrice di chiavi con base a Zola Predosa.
«La famiglia non è direttamente coinvolta nella gestione amministrativa dell’immobile, questa cosa non mi risulta», fa sapere l’ad Carlo Bonori Innocenti. A occuparsi dello stabile per la famiglia Bonori Innocenti è il ragionier Piero Parisini. Ed è lui a definire l’accaduto «un eccesso di zelo da parte della segretaria amministrativa». Eccesso dovuto, sostiene Parisini, a intoppi burocratici registrati in passato, in un palazzo dove vivono moltissimi studenti e in cui quindi il turnover degli inquilini è altissimo. «La segretaria si è trovata a volte con persone straniere col permesso di soggiorno scaduto — racconta — e così si ha in casa qualcuno che lo Stato italiano non accetta». L’avviso è stato rimosso, Parisini garantisce che non ci saranno discriminazioni basate sulla nazionalità degli aspiranti inquilini. E aggiunge: «Se c’è una famiglia che aiuta le persone disagiate in silenzio è la famiglia Bonori Innocenti — sottolinea Parisini — la colpa è mia che non ho controllato». Alcuni inquilini hanno però fatto partire una raccolta firme per protestare contro quelle che definiscono «agghiaccianti reminiscenze di cartelli appesi fuori dai negozi negli anni Trenta», chiedendo alla proprietà e all’amministrazione di prendere «le distanze da quell’avviso, di cui non potevano non essere a conoscenza».
Non è chiaro per quanto tempo sia rimasto appeso il cartello: «Io vado lì una volta alla settimana, se l’avessi visto l’avrei rimosso io», assicura Parisini. Oltre due settimane, per chi ha scritto la lettera. Nessuno l’ha rimosso fino a ieri, nemmeno tra gli studenti che vivono nello stabile, mentre ora le firme raccolte sarebbero già una settantina. Dario, un inquilino, ha visto il cartello al ritorno dalle vacanze: «Non me lo aspettavo, qui ci sono pure alcuni stranieri». Ad affiancare la raccolta firme ci sono il collettivo Noi Restiamo, che annovera alcuni abitanti del palazzo, e il sindacato di base degli inquilini Asia Usb: «Questo non è un eccesso di zelo — attacca Francesco di Noi Restiamo — e ora proprietà e amministrazione non possono avviare un rimpallo». Mentre Lorenzo Piccinini di Asia non crede che le responsabilità siano della segretaria: «Quel cartello è stato lì per almeno otto giorni. Il diritto all’abitare è già messo a dura prova, aggiungere anche una componente razzista è inaccettabile».
I residenti Come i cartelli fuori dai negozi negli anni Trenta, agghiacciante