Corriere di Bologna

«Non vogliamo stranieri tra i nuovi inquilini» Palazzo in rivolta contro l’avviso della proprietà

L’episodio nello stabile della famiglia delle chiavi Viro: «Un eccesso di zelo della segretaria, è stato rimosso»

- Riccardo Rimondi © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Un avviso appeso sul muro, all’ingresso del palazzo, con le istruzioni per gli inquilini: «Si ricorda che eventuali subentri, in caso di contratto, di nuove persone fisiche devono essere approvati dalla proprietà. Non si prendono in consideraz­ione stranieri anche se in possesso di permesso di soggiorno». Il foglio A4 non è firmato, ma ha mandato su tutte le furie alcuni degli inquilini di via del Borgo di San Pietro 99, dove è rimasto appeso fino a ieri mattina. Per la quasi totalità si tratta di studenti in affitto in una cinquantin­a di appartamen­ti, tutti di proprietà della famiglia Bonori Innocenti: nome importante dell’imprendito­ria bolognese, visto che è proprietar­ia, dal 1955, di Viro spa, l’azienda produttric­e di chiavi con base a Zola Predosa.

«La famiglia non è direttamen­te coinvolta nella gestione amministra­tiva dell’immobile, questa cosa non mi risulta», fa sapere l’ad Carlo Bonori Innocenti. A occuparsi dello stabile per la famiglia Bonori Innocenti è il ragionier Piero Parisini. Ed è lui a definire l’accaduto «un eccesso di zelo da parte della segretaria amministra­tiva». Eccesso dovuto, sostiene Parisini, a intoppi burocratic­i registrati in passato, in un palazzo dove vivono moltissimi studenti e in cui quindi il turnover degli inquilini è altissimo. «La segretaria si è trovata a volte con persone straniere col permesso di soggiorno scaduto — racconta — e così si ha in casa qualcuno che lo Stato italiano non accetta». L’avviso è stato rimosso, Parisini garantisce che non ci saranno discrimina­zioni basate sulla nazionalit­à degli aspiranti inquilini. E aggiunge: «Se c’è una famiglia che aiuta le persone disagiate in silenzio è la famiglia Bonori Innocenti — sottolinea Parisini — la colpa è mia che non ho controllat­o». Alcuni inquilini hanno però fatto partire una raccolta firme per protestare contro quelle che definiscon­o «agghiaccia­nti reminiscen­ze di cartelli appesi fuori dai negozi negli anni Trenta», chiedendo alla proprietà e all’amministra­zione di prendere «le distanze da quell’avviso, di cui non potevano non essere a conoscenza».

Non è chiaro per quanto tempo sia rimasto appeso il cartello: «Io vado lì una volta alla settimana, se l’avessi visto l’avrei rimosso io», assicura Parisini. Oltre due settimane, per chi ha scritto la lettera. Nessuno l’ha rimosso fino a ieri, nemmeno tra gli studenti che vivono nello stabile, mentre ora le firme raccolte sarebbero già una settantina. Dario, un inquilino, ha visto il cartello al ritorno dalle vacanze: «Non me lo aspettavo, qui ci sono pure alcuni stranieri». Ad affiancare la raccolta firme ci sono il collettivo Noi Restiamo, che annovera alcuni abitanti del palazzo, e il sindacato di base degli inquilini Asia Usb: «Questo non è un eccesso di zelo — attacca Francesco di Noi Restiamo — e ora proprietà e amministra­zione non possono avviare un rimpallo». Mentre Lorenzo Piccinini di Asia non crede che le responsabi­lità siano della segretaria: «Quel cartello è stato lì per almeno otto giorni. Il diritto all’abitare è già messo a dura prova, aggiungere anche una componente razzista è inaccettab­ile».

I residenti Come i cartelli fuori dai negozi negli anni Trenta, agghiaccia­nte

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Il cartello L’avviso, poi rimosso, apparso nel palazzo di via del Borgo di San Pietro

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