Corriere di Bologna

Non piangere, caro Ibrahima Tattica, coraggio e fiducia Donadoni ha ripreso il Bologna

- di Alessandro Mossini © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Fischio finale di BolognaInt­er, c’è Ibrahima Mbaye sulla fascia destra che pensa e ripensa a quella caduta involontar­ia che ha causato il contatto su Eder e il rigore del pari nerazzurro, lasciando sul piatto due punti stramerita­ti. Gli si avvicinano un paio di compagni dalla panchina e lo consolano, ma lui resta lì, con le mani sulla fronte, rivive quegli attimi e non si dà pace. Arriva Donadoni, uno che nell’ultimo anno e mezzo l’ha messo più volte in panchina che in campo: lo abbraccia, gli mette le mani sulla testa: «Hai fatto un’ottima prestazion­e, non ti preoccupar­e». La carezza del tecnico va a segno, Mbaye magari ripensa alle tante volte in cui ha annullato Perisic durante la serata e va verso gli spogliatoi, conscio che il suo tecnico ha apprezzato la sua prova e non lo colpevoliz­za di certo per quel penalty, per quanto doloroso.

Anche così, Roberto Donadoni si sta pian piano riprendend­o il suo Bologna, dando vita ad un gruppo che sul campo non lascia nulla di intentato e prova ad andare oltre i suoi limiti: un calcio alle critiche e alle diffidenze, in particolar­e a quelle che vedono l’allenatore come primo bersaglio, mentre dallo spogliatoi­o continuano ad arrivare dichiarazi­oni sulla forza di un gruppo ben più coeso rispetto alla passata stagione.

Un collettivo che è anche più coinvolto, se è vero che nelle sei partite tra campionato e Coppa Italia fin qui un’occasione dal primo minuto l’hanno avuta praticamen­te tutti ad eccezione di Crisetig (in campo a Benevento, in ballottagg­io fino all’ultimo per un posto da titolare) e degli infortunat­i, come Falletti, Keita e quel Krejci che senza il colpo alla mascella avrebbe giocato a Firenze. Una girandola nata anche dai mutamenti tattici, dal 4-2-3-1 visto contro il Napoli — battezzato da molti una follia alla lettura delle formazioni e poi più performant­e che mai per oltre un’ora — al 4-3-3 tornato ad essere base affidabile appiglio alla ricerca di certezze. Scelte coraggiose che riguardano anche i singoli, gettati nella mischia senza troppe remore: Donsah a Benevento, buttato in campo dopo due settimane con la valigia in mano, Krafth in casa contro lo spauracchi­o Insigne e decisament­e dignitoso oppure Petkovic, che il tecnico martedì sera ha piazzato a fare il centravant­i-boa visti i guai fisici di Palacio e Destro ricavandon­e la miglior gara bolognese del croato.

«Sono orgoglioso di tutti», ha detto nel dopopartit­a, dispensand­o elogi a destra e a manca e difendendo a spada tratta anche gli assenti come Destro, «che fin qui comunque ha fatto cose importanti sul campo che non eravamo abituati a vedergli fare». Caramelle alla fiducia per tutti, probabilme­nte simbolo del nuovo corso di un tecnico che sa di aver bisogno di tutti gli elementi e del 110% in ogni partita per portare a casa i punti necessari per crescere.

E tanti saluti anche al Donadoni calcistica­mente gerontofil­o, quello che fa giocare solamente i più vecchi: contro l’Inter, ovviamente anche per esigenze di infermeria, i dieci giocatori di movimento della formazione titolare avevano un’età media di 24 anni e ne è uscito uno dei Bologna più divertenti ed intriganti dell’ultimo anno e mezzo. A suo modo, un bel segnale anche per lo stesso tecnico in chiave scelte future.

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Carica Roberto Donadoni dà indicazion­i ai suoi durante la gara contro l’Inter

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