Premio e rinnovo Berberè rilancia in via Petroni
Il Gambero Rosso premia con i «Tre spicchi» Berberè di Castel Maggiore. Matteo Aloe: «Nuovo stimolo»
Berberè. Sette locali, uno dei quali a Londra, per un totale di 20 mila clienti al mese. Un riconoscimento appena ricevuto dal Gambero Rosso, il rinnovo del loro posto di via Petroni e idee per il futuro. Questo ed altro sono i fratelli Aloe, Salvatore e Matteo, appena rientrati da Napoli dove hanno ritirato i loro «Tre Spicchi» — per la loro sede storica di Castel Maggiore — il premio per la miglior pizza nella categoria «a degustazione» nella guida Pizzerie d’Italia 2018 del Gambero Rosso. Unici ad aver meritato, secondo la guida, tale riconoscimento in Emilia Romagna. Altri due premi al nostro territorio: «Tre spicchi» anche alla Piccola Piedigrotta di Reggio Emilia nella categoria «all’italiana» e, premio per la pizza al taglio dell’anno al Forno Brisa di via Galliera. Il Berberè di via Petroni il 27 settembre (dalle 19) festeggerà con una serata speciale i quattro anni di apertura. Ne parliamo con Matteo. Avete rinnovato dunque. «Abbiamo provato a rendere il locale più pizzeria, più colorato, più luminoso e abbiamo eliminato la bottega con i prodotti in vendita. Ora la sede di via Petroni è più simile agli altri sei locali».
Voi avete sempre «creduto» in via Petroni. Siete sempre della stessa idea?
«La posizione è fantastica. La situazione è più normale ora. Certo, ci sentiamo un poco delle mosche bianche». Perché? «Le attività commerciali a noi vicine purtroppo non hanno la nostra stessa filosofia imprenditoriale. Di via Petroni si parla come se fosse il Bronx. Ci è anche capitato che dei tassisti si siano rifiutati di venire a prendere dei clienti, ma la realtà non è così tremenda»
Parliamo del premio del Gambero.
«Per noi è uno stimolo a migliorarsi ulteriormente. Il nostro obiettivo è rendere contenti i clienti tutti i giorni».
Avete cambiato qualcosa nell’offerta?
«Abbiamo aggiunto facilitazioni per gli studenti. Mangiare sano dovrebbe essere un diritto di tutti. Una volta avevamo la pizza al culatello — che pagavo 70 euro al chilo. La pizza costava 18 euro. L’ho tolta». I vostri prezzi ora? «Da 5.90 euro fino a 13.50. E aggiungo che la mozzarella di bufala una volta la compravo a 10 euro al chilo. Ora ne spendo 15, perché ho trovato un produttore di eccellenza. Riusciamo comunque a starci dentro con quei prezzi delle pizze al tavolo. So che potrebbe risuonare ridondante ma per noi la qualità è il punto imprescindibile».
Una pizza che vi rappresenta?
«Che domande, la Margherita».
A proposito di qualità, il nostro giornale il mese scorso ha pubblicato una serie di articoli sull’eccesso di cibo in centro e sulla sua bassa qualità. Lei cosa ne pensa?
«L’apertura di locali nuovi è sempre uno stimolo. Nel senso che per “difendermi” devo fare meglio. Ma qui le licenze le hanno raddoppiate. Ci dovrebbe essere più attenzione nel darle, perché l’abbassamento della qualità è sempre dietro l’angolo».
Tanti aprono e infatti tanti chiudono poi anche.
«Ho fatto una tesi di laurea sulla mancanza di cultura manageriale nei ristoranti. In troppi si improvvisano ristoratori e poi si fanno male e fanno male alla categoria. Ripeto che per stare al passo bisogna lavorare sulla qualità».
Ma lei è sicuro che il grande pubblico la capisca davvero la qualità? Penso ai giudizi su Tripadvisor, dove sembra che l’unica cosa che conta sia il piatto pieno e il prezzo basso.
«Quando leggo — che so — che il pomodoro nostro non è buono, sono convinto che quell’utente di Tripadvisor è abituato a mangiare pomodori di scarsa qualità. Ciò nonostante Tripadvisor va monitorato ogni tanto».
Lei lavora con prodotti bio. Non crede che oramai in troppi approfittino di questo marchio?
«Noi usiamo l’80% di prodotti biologici, ma non lo comunichiamo nell’insegna. La moda del biologico ora purtroppo sta più nel dirlo che non nel farlo».
La moda del biologico purtroppo ora sta più nel dirlo che non nel farlo Abbiamo rinnovato il locale in Petroni Crediamo ancora in questa via