Il 3 ottobre il testo finale nell’aula regionale, poi tocca al governo. L’obiettivo è chiudere l’iter entro la fine della legislatura
della legge da parte del Parlamento, entro la legislatura, dunque nel giro di pochi mesi. «Dipende naturalmente dall’aula — spiega l’assessore regionale al Bilancio, Emma Petitti — ma la nostra speranza è che si chiuda prima delle elezioni politiche».
E che cosa pensa del referendum? «Abbiamo dei punti in comune con l’iniziativa che hanno preso il Veneto e la Lombardia perché anche noi vogliamo più autonomia — dice Petitti — Però non riteniamo che il referendum sia lo strumento più idoneo per arrivare all’obiettivo. Non vogliamo fare una battaglia teorica sull’autonomia ma vogliamo avere maggiori funzioni e maggiori risorse».
Paradossalmente però se il referendum nelle regioni leghiste andasse bene questo aiuterebbe anche la partita che ha deciso di giocare l’Emilia-Romagna e che vede in prima linea Stefano Bonaccini, che è governatore dell’Emilia e anche presidente della conferenza Stato-Regioni. La caratteristica principale dell’offensiva istituzionale messa in campo dall’Emilia-Romagna è che si inserisce negli strumenti già previsti dalla Carta costituzionale. Il comma III dell’articolo 116 consente l’attribuzione alle Regioni a statuto ordinario di ulteriori «forme e condizioni particolari di autonomia» attraverso una legge dello Stato approvata a maggioranza