Carisbo, Gros-Pietro «La Fondazione resti socio stabile di Intesa Sanpaolo»
Intesa Sanpaolo spera di tenere ancora a lungo la Fondazione Carisbo tra gli azionisti di peso, nonostante il protocollo d’intesa AcriMef. Non ci ha girato troppo intorno ieri il presidente dell’istituto Gian Maria Gros-Pietro, ieri in visita in via Farini, davanti ad azionisti che, in portafoglio, hanno il 2% di Intesa Sanpaolo: «Non facciamo mistero di desiderare che nei limiti consentiti dalle norme, o anche da eventuali possibili modificazioni delle norme, rimanga il patrimonio delle fondazioni come perno intorno al quale ruota l’azionariato stabile della banca», scandisce il numero uno dell’istituto. Che ricorda come la Fondazione abbia sempre mantenuto il suo impegno: «Nel momento di difficoltà, le fondazioni hanno contribuito all’aumento di capitale che era necessario — sottolinea Gros-Pietro —. Si è rivelato un ottimo investimento, perché noi abbiamo già restituito quell’aumento di capitale sotto forma di dividendi. Quindi il rapporto tra la banca e le fondazioni azioniste è un rapporto mutuamente vantaggioso». Entro sette mesi le fondazioni dovranno mettersi in regola con il protocollo Acri-Mef, che prevede di non puntare su un singolo asset per oltre un terzo del patrimonio. Le azioni di Intesa Sanpaolo in mano alla Fondazione valgono circa un miliardo sul mercato, contro un patrimonio (sempre a valori attuali) di circa 1,21,3. Insomma, in via Farini dovrebbero liberarsi di oltre metà delle azioni, ma Palazzo Saraceni temporeggia perché da lì viene la quasi totalità dei dividendi. Il presidente Leone Sibani è in linea con le parole di Gros-Pietro: «In un gruppo come il nostro dove il 30% è rappresentato dalle Fondazioni, la nostra quota scenderebbe al 17-18%. Questo vuol dire che il gruppo è sul mercato e può essere scalato. Per l’economia nazionale può essere importante che il gruppo possa essere presidiato da istituzioni italiane?». Dopo l’intervento di GrosPietro, l’attualità è tornata tra i banchi dei soci. L’assemblea si è espressa a favore delle modifiche statutarie, che aumenterebbero il numero di soci diminuendo il peso delle istituzioni nel Collegio d’indirizzo e toglierebbero l’obbligo di maggioranza qualificata dai voti sul regolamento. Voto a favore anche per l’abolizione del conflitto d’interesse, che restringe di molto le maglie sulle erogazioni ai soci. Ora la palla ripassa al Collegio, dove la minoranza non sembra disposta a cedere.