LA BATTAGLIA DEI DUE POTERI
La lunga battaglia per la supremazia tra spirituale e temporale ha attraversato tutto il vecchio continente, segnandone la storia e scolpendone le etiche. Bologna è stata, col suo essere fucina e patria dei grandi pontefici giuristi, uno dei luoghi importanti nei quali questa lotta si è dipanata: soprattutto in riferimento al grande sogno teocratico che ha innervato il Medioevo, innescando lo scontro tra Papato e Impero. La tentazione, che la Chiesa ha avuto, di determinare il governo anche delle cose profane ha conosciuto teoriche diverse, adattando la propria strategia alle cangianti stagioni di uno scenario politico sempre in movimento. La conquista di un’autonomia da parte della sfera profana è dunque frutto di un percorso accidentato e combattente, nel quale il prevalere di teologie improntante al dualismo cristiano (date a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio, secondo il dettato evangelico) si pone come premessa alla concezione di uno stato laico. Purtuttavia, la naturale necessità per la Chiesa e il suo magistero di esprimere giudizi sulle cose del mondo, di esortare e ispirare i fedeli a costruire la città dell’uomo secondo principi di equità e di giustizia, ha spinto non di rado le autorità ecclesiastiche a promuovere determinate forze politiche piuttosto che altre: a entrare, sia pure per la via indiretta del condizionamento della coscienza, nell’agone per il potere che ha costituito, per la Chiesa, un demone difficile da tenere a bada. Così, sotto mentite spoglie, l’antica lusinga teocratica tornava a fare capolino, per ciò che concerneva la situazione italiana, tra le righe del Concordato del 1929 o, per quel che riguardava il dopoguerra, nel conclamato collateralismo con la Democrazia Cristiana. La Chiesa nei decenni successivi sembrava aver dismesso queste ambizioni secolari: e papa Francesco parrebbe muoversi in questo solco. Certo il pronunciamento morale non può venir meno: nel secondo Novecento un tenace filo di continuità lega i pontificati succedutisi tra Giovanni XXIII e Benedetto XVI sui temi centrali della famiglia, della sessualità, della difesa della vita; ma esso non può spingersi dentro a una discrezionalità tecnica e politica riservata alla sfera secolare. Assumendo questo crinale distintivo, alcuni ultimi interventi di Jorge Maria Bergoglio si pongono, invece, come punti problematici che vanno capiti e che andranno dipanati. Il tema dei migranti contiene implicazioni e sollecitazioni morali forti, sui quali è certamente legittimo l’intervento del magistero.
Altro è un pronunciamento a favore della legge sullo ius soli, che si pone come uno strumento normativo per affrontare un problema che spetta al legislatore secolare affrontare e risolvere. Analogamente, il rispetto dell’ambiente e la tutela del creato rappresentano sfide etiche sulle quali ci si aspetta che la Chiesa spenda il suo giudizio: altro è, come sembra emergere a più riprese dalle recenti enunciazioni magisteriali, che l’insegnamento della Chiesa entri nelle scelte concrete che bisogna assumere od opti per una o per l’altra opinione scientifica in base alla quale orientare la prassi politica. I cambiamenti epocali spingono sempre più verso la concentrazione in forme di governo sovranazionali. In questa evoluzione, non priva di rischi, la Chiesa non può esimersi dal richiamare i capisaldi della propria dottrina: ma avendo ben chiari confini e distinzioni che i conflitti tra spirituale e temporale ci hanno consegnato e che sono patrimonio irrinunciabile sia per la Chiesa sia per la comunità politica. Il rispetto di questi confini è, peraltro, condizione necessaria perché la voce del magistero possa rifulgere libero da ogni fraintendimento e assumere la pienezza del suo significato. Attraversando la Maggior Piazza di Bologna, papa Bergoglio vedrà, la prima domenica d’ottobre, questi confini plasticamente rappresentati: in quella cornice che ospita da secoli Palazzo D’Accursio in fianco a San Petronio. Due poteri, come racconta il palazzo di re Enzo, che hanno saputo fronteggiato il potere dell’Impero: e che, vincendo, hanno donato all’Europa una nuova narrazione del potere e, insieme, una nuova anima.