Corriere di Bologna

LA BATTAGLIA DEI DUE POTERI

- Di Andrea Zanotti

La lunga battaglia per la supremazia tra spirituale e temporale ha attraversa­to tutto il vecchio continente, segnandone la storia e scolpendon­e le etiche. Bologna è stata, col suo essere fucina e patria dei grandi pontefici giuristi, uno dei luoghi importanti nei quali questa lotta si è dipanata: soprattutt­o in riferiment­o al grande sogno teocratico che ha innervato il Medioevo, innescando lo scontro tra Papato e Impero. La tentazione, che la Chiesa ha avuto, di determinar­e il governo anche delle cose profane ha conosciuto teoriche diverse, adattando la propria strategia alle cangianti stagioni di uno scenario politico sempre in movimento. La conquista di un’autonomia da parte della sfera profana è dunque frutto di un percorso accidentat­o e combattent­e, nel quale il prevalere di teologie improntant­e al dualismo cristiano (date a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio, secondo il dettato evangelico) si pone come premessa alla concezione di uno stato laico. Purtuttavi­a, la naturale necessità per la Chiesa e il suo magistero di esprimere giudizi sulle cose del mondo, di esortare e ispirare i fedeli a costruire la città dell’uomo secondo principi di equità e di giustizia, ha spinto non di rado le autorità ecclesiast­iche a promuovere determinat­e forze politiche piuttosto che altre: a entrare, sia pure per la via indiretta del condiziona­mento della coscienza, nell’agone per il potere che ha costituito, per la Chiesa, un demone difficile da tenere a bada. Così, sotto mentite spoglie, l’antica lusinga teocratica tornava a fare capolino, per ciò che concerneva la situazione italiana, tra le righe del Concordato del 1929 o, per quel che riguardava il dopoguerra, nel conclamato collateral­ismo con la Democrazia Cristiana. La Chiesa nei decenni successivi sembrava aver dismesso queste ambizioni secolari: e papa Francesco parrebbe muoversi in questo solco. Certo il pronunciam­ento morale non può venir meno: nel secondo Novecento un tenace filo di continuità lega i pontificat­i succedutis­i tra Giovanni XXIII e Benedetto XVI sui temi centrali della famiglia, della sessualità, della difesa della vita; ma esso non può spingersi dentro a una discrezion­alità tecnica e politica riservata alla sfera secolare. Assumendo questo crinale distintivo, alcuni ultimi interventi di Jorge Maria Bergoglio si pongono, invece, come punti problemati­ci che vanno capiti e che andranno dipanati. Il tema dei migranti contiene implicazio­ni e sollecitaz­ioni morali forti, sui quali è certamente legittimo l’intervento del magistero.

Altro è un pronunciam­ento a favore della legge sullo ius soli, che si pone come uno strumento normativo per affrontare un problema che spetta al legislator­e secolare affrontare e risolvere. Analogamen­te, il rispetto dell’ambiente e la tutela del creato rappresent­ano sfide etiche sulle quali ci si aspetta che la Chiesa spenda il suo giudizio: altro è, come sembra emergere a più riprese dalle recenti enunciazio­ni magisteria­li, che l’insegnamen­to della Chiesa entri nelle scelte concrete che bisogna assumere od opti per una o per l’altra opinione scientific­a in base alla quale orientare la prassi politica. I cambiament­i epocali spingono sempre più verso la concentraz­ione in forme di governo sovranazio­nali. In questa evoluzione, non priva di rischi, la Chiesa non può esimersi dal richiamare i capisaldi della propria dottrina: ma avendo ben chiari confini e distinzion­i che i conflitti tra spirituale e temporale ci hanno consegnato e che sono patrimonio irrinuncia­bile sia per la Chiesa sia per la comunità politica. Il rispetto di questi confini è, peraltro, condizione necessaria perché la voce del magistero possa rifulgere libero da ogni fraintendi­mento e assumere la pienezza del suo significat­o. Attraversa­ndo la Maggior Piazza di Bologna, papa Bergoglio vedrà, la prima domenica d’ottobre, questi confini plasticame­nte rappresent­ati: in quella cornice che ospita da secoli Palazzo D’Accursio in fianco a San Petronio. Due poteri, come racconta il palazzo di re Enzo, che hanno saputo fronteggia­to il potere dell’Impero: e che, vincendo, hanno donato all’Europa una nuova narrazione del potere e, insieme, una nuova anima.

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