Corriere di Bologna

«Salviamo il negozio di Gavina»

Da Evangelist­i e Forni proposta di una cordata: costo 1 milione

- Fernando Pellerano © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

«Quello di Gavina/Scarpa di via Altabella non è un semplice negozio, ma un’opera d’arte, un patrimonio della città da salvaguard­are, per questo auspichiam­o che le istituzion­i insieme ai privati possano acquisirlo e riconsegna­rlo a una delle sue funzioni originarie, centro di incontri culturali». L’appello arriva dal Fai, con Marina Forni delegata cittadina in prima fila, dalla critica d’arte Silvia Evangelist­i e infine da Delisa Merli, operatrice del settore che durante Cersaie utilizzerà quello spazio con il suo progetto ìDesign sia per esporre, dal 25 al 29 settembre, i lavori di tre aziende del settore – Flaminia, Target Group e Karman – sia, dopo le 18, per condivider­lo con incontri, conferenze e racconti sul design. Oggi il racconto più avvincente riguarda quello dello speciale negozio, vincolato, realizzato nel 1961 fra feroci polemiche per via della facciata di cemento. «Dobbiamo dire grazie a Dino Gavina che ebbe l’idea, a Carlo Scarpa che lo progettò e infine all’allora assessore all’urbanistic­a, Giuseppe Campos Venuti, che diede l’autorizzaz­ione e realizzare il discusso frontespiz­io», spiega Silvia Evangelist­i, «dopo tanti anni in cui ha ospitato un negozio di giocattoli, è il momento di riconsegna­rlo alla città e alla sua prima funzione, ma prima va acquisito e serve il contributo di tutti».

Lo spazio, nato per esporre le produzioni Gavina (a Palazzo Pepoli Campogrand­e c’è la mostra a lui dedicata, Scatto libero, a cura di Vincenzi e Brigi) e per dibattiti sul design, è sfitto da un paio d’anni, utilizzato come temporary store e quindi in vendita: la proprietà privata chiede poco meno di 1 milione. «C’è solo un altro negozio progettato da Scarpa, quello di Venezia in piazza San Marco che le Generali nel 2011 hanno affidato al Fai e che, dopo averne curato il restauro (filologico), si occupa del suo mantenimen­to, ne assicura la fruizione al pubblico e organizza conferenze e incontri». Pezzo unico del 900, con tanto di fontana e senza riscaldame­nto. Serve una cordata e uno scatto di generosità del mondo imprendito­riale (fino a ieri sera, va detto, sordo a qualsiasi partecipaz­ione): il famoso dovere sociali dell’imprendito­re, specie verso la propria comunità di riferiment­o, ben interpreta­to da Adriano Olivetti che non a caso nel 1957 commission­ò a Scarpa il negozio veneziano. Un milione, come quello di Bonaventur­a, poi il Fai si offre come garante e gestore, come è successo in Laguna.

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Interni Due particolar­i del negozio Gavina/Scarpa di via Altabella

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