Il prefetto e le otto ore con Bergoglio: «Ha dato dignità ai profughi e all’hub»
Piantedosi: colpito dall’incontro con i migranti. E dal suo discorso in San Domenico all’Università
«Chi fa prevenzione e sicurezza vive una condizione particolare: è una materia che fa notizia solo se qualcosa va storto. In questo caso però c’è stato un ritorno importante, la visibilità di una città che ha saputo gestire al meglio un evento di questa portata». È visibilmente soddisfatto il prefetto Matteo Piantedosi, la visita del Papa è ormai alle spalle e il banco di prova superato senza problemi.
Prefetto, qual è il suo bilancio finale?
«Estremamente positivo perché quando tutto fila liscio non può che essere tale. C’è stata una organizzazione meticolosa da parte di tante componenti che sono state raccordate tra loro. La Curia in primis: quando conobbi monsignor Zuppi fu la prima cosa di cui mi parlò, mi preannunciò questo impegno e questa preoccupazione della visita del pontefice. Bisogna poi dare atto al Comune del grande lavoro fatto, perché ha messo in campo la maggior parte delle risorse umane e logistiche».
Quali sono state le maggiori difficoltà nella gestione della sicurezza e quali le preoccupazioni principali alla vigilia?
«L’aspetto più complicato è stato immaginare e garantire la massima cornice di sicurezza possibile ma tenendo conto che il Papa sta vicino alla gente, questo Papa in particolare, e si sconta un margine di incertezza sulle misure da mettere in campo. Quelli sono i momenti più rischiosi, gli studi di questi mesi con la Questura e la Curia sono stati calibrati su questo tema: come garantire la vicinanza alla gente che ci veniva richiesta e il fatto che avremmo dovuto tenere tutto sotto controllo in un momento di massima esposizione».
Alcuni hanno però lamentato poche occasioni in cui il Papa è stato a contatto con i cittadini lungo il percorso.
«L’abbiamo convenuto con la Curia e i tecnici del Vaticano, ma il Papa si sarebbe potuto fermare in qualsiasi momento. Era un percorso molto lungo, se è potuto sembrare veloce e poco dedicato alle soste è stato anche e soprattutto per conciliare le varie tappe con l’esigenza di finire a una certa ora. Ha fatto sette tappe in otto ore, la speditezza con cui abbiamo proceduto è stata dovuta anche a questo».
In piazza Maggiore c’erano diversi spazi vuoti, in molti nonostante avessero l’accredito non sono potuti entrare.
«Dovevamo essere certi che ci fossero vie di attraversamento libere al momento dell’arrivo del Papa, c’era l’esigenza che la situazione della piazza fosse definita in tempo ragionevolmente sufficiente affinché gli operatori della sicurezza avessero un quadro chiaro. Se ciò è successo chiedo scusa ai cittadini, ma un evento simile passa attraverso decisioni che vanno prese senza eccezioni».
Se qualcosa fosse andato storto, qual era il piano b?
«C’erano diverse exit strategy, sia per gli assembramenti delle persone, sia nel malaugurato caso fosse accaduto qualcosa al Papa durante il tragitto. Il fatto di aver mantenuto chiuso l’accesso in piazza Maggiore non solo nell’imminenza dell’arrivo del Papa, ma anche in piazza Galvani, via D’Azeglio e Archiginnasio, è servito a utilizzare quel quadrante come via di fuga. Alcuni luoghi in cui è transitato il Santo padre sono rimasti chiusi e presidiati per qualche ora anche dopo: se si fosse verificato un episodio che metteva a rischio la sicurezza del pontefice, avremmo avuto luoghi sicuri dove andare».
Aveva lanciato un appello ai bolognesi su possibili disagi, chiedendo loro un surplus di pazienza.
«Sono stati perfetti, da nessuna parte abbiamo registrato indisciplina o insofferenza. C’era la consapevolezza di vivere un momento importante. I bolognesi hanno partecipato in modo composto e sobrio, lo dico rischiando una scivolata romantica ma sono orgoglioso di essere il prefetto di questa città».
Quale immagine conserva di domenica, il momento che più l’ha colpita?
«Sono due: quello che il Papa ha detto in San Domenico, incrociando il messaggio spirituale con la storia più viva di una città che ha fondato su cultura, spiritualità e umanesimo la sua storia millenaria. E la visita all’hub, non tanto per il messaggio evangelico sul grande tema dell’immigrazione, ma perché ha voluto riconoscere la dignità di quelle persone ma soprattutto di quel posto. L’hub è stato spesso oggetto di discussioni e visioni diverse. Il pontefice ha voluto far capire che quello è un posto dove persone che sono degne di essere considerate tali trovano una, seppure precaria, affermazione della loro dignità di uomini e donne». La prossima sfida? «Se devo fare uno sforzo d’immaginazione penso alla inaugurazione di Fico anche per via delle annunciate presenze di alto profilo istituzionale. Un momento a cui dovremo prestare molta attenzione , credo e espero non per questioni di sicurezza».
Orgoglioso Una giornata importante, e i cittadini sono stati perfetti, da nessuna parte abbiamo registrato indisciplina o sofferenza