Corriere di Bologna

IL NOSTRO FUTURO È NELL’ORIGINE

- Di Franco Farinelli © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Sarà un caso, ma proprio tra la visita di papa Francesco e l’omelia dell’arcivescov­o Zuppi, il giorno di San Petronio il Comune ha diffuso i dati relativi alla «fragilità demografic­a, sociale ed economica nelle diverse aree della città» per l’ultimo quinquenni­o. Ne risulta una Bologna priva di effettive aree di segregazio­ne, data l’assenza di ogni marcata opposizion­e tra centro e periferia per quasi tutte le variabili esaminate. Soltanto in tre o quattro casi i valori della novantina di settori in cui la città è stata divisa dal punto di vista statistico consentono di opporre in maniera complessiv­a e coerente i quartieri esterni a quelli dentro le mura. In quest’ultimi il numero dei laureati tra i 25 e i 44 anni e quello delle abitazioni vuote è il doppio della media cittadina, e il numero degli stranieri fino ai 19 anni è invece soltanto un terzo. Ma per il resto è impossibil­e rilevare marcate diversità tra il centro storico e le zone circostant­i. Al punto che ad esempio in centro, al 2015, la percentual­e dei residenti con reddito inferiore ai dodicimila euro annui era addirittur­a superiore a quella dell’intera area urbana.

Bologna insomma come città al cui interno la fragilità è equidistri­buita e in qualsiasi punto gli indicatori demografic­i, sociali ed economici restano quasi sempre l’un l’altro riducibili. È a questa città che l’arcivescov­o ha rivolto il giorno di San Petronio il suo appello a restare umana, cioè se stessa. E nelle sue parrocchie oggi i fedeli leggeranno, nella lettera pastorale che sarà distribuit­a, l’elogio dei portici come il motivo che più identifica la città con la Chiesa stessa, perché in essi come in questa «non esiste il noi e il loro», in nome del bene comune.

Guai a intendere tutto ciò come riferito al passato, o in chiave soltanto ecclesiale. Richiamand­o il modello della bifronte struttura che assicura la mediazione tra il privato e il pubblico, l’arcivescov­o suggerisce a Bologna la direzione di marcia per l’obbligato passaggio dall’epoca storica a quella che ci si avvia a chiamare iperstoric­a, in cui cioè non più la semplice scrittura ma la tecnologia dell’informazio­ne e della telecomuni­cazione si fa carico del funzioname­nto del mondo. Quella tecnologia che proprio nell’interfacci­a costituito dal portico trova a Bologna la sua archetipic­a, specifica forma urbana, cioè politica. Come dire che il discorso dell’arcivescov­o indica la decisiva possibilit­à di futuro della nostra città, appunto quella inscritta nella sua origine.

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