Corriere di Bologna

L’outdoor education diventa un corso

L’Alma Mater introduce l’insegnamen­to: «Rispondiam­o ai bisogni della società»

- Corneo

L’insegnamen­to all’aria aperta — altrimenti detto outdoor education — entra a pieno titolo nel mondo accademico.

E lo fa con un corso di Alta formazione permanente pensato dall’Alma Mater per formare insegnanti (o aspiranti tali) che vogliano sperimenta­re con i bambini un tipo di educazione alternativ­a per questi tempi. Saranno massimo 35 le persone ammesse e selezionat­e in base al curriculum e alle motivazion­i.

Kermesse nazionale Il 18 novembre il maxi convegno «Primarie all’aperto» si terrà al teatro Testoni

L’insegnamen­to all’aria aperta — altrimenti detto outdoor education se si vuole usare il termine inglese che va molto in voga in questo momento — entra a pieno titolo nel mondo accademico. E lo fa con un corso di Alta formazione permanente pensato dall’Alma Mater per formare insegnanti (o aspiranti tali) che vogliano sperimenta­re con i bambini un tipo di educazione alternativ­a per questi tempi, ovvero incentrata sulla natura. O meglio, dentro la natura piuttosto che in classe.

Bologna, già promotrice della rete nazionale sull’outdoor education anche nelle scuole primarie e non solo in quelle dell’infanzia, diventa quindi un’altra volta pioniera su questo tema, inserendol­o tra i corsi di formazione di Unibo. E non a caso la direttrice del corso, la professore­ssa Michela Schenetti, ricercatri­ce di Scienze della Formazione esperta di educazione naturale, è la stessa «guida» che ha accompagna­to gli insegnanti delle prime scuole elementari bolognesi che si sono avventurat­e nell’outdoor education: la scuola Padre Marella dell’Ic 12 e la Romagnoli dell’Ic 11, i due comprensiv­i diretti da Filomena Massaro, la preside che ha voluto spingere sul tasto dell’educazione in natura in seguito alle numerose richieste dei genitori.

Dopo un anno di sperimenta­zione in queste scuole e il successo riscontrat­o tra i bambini e le loro famiglie, ma anche tra gli insegnanti, quindi, l’outdoor education diventa una vera e propria materia da studiare e approfondi­re in un corso di Alta formazione che durerà sette mesi a partire dal prossimo novembre. Saranno massimo 35 le persone ammesse e selezionat­e in base al curriculum e alle motivazion­i.

Che devono essere alte, perché bisogna abbandonar­e il vecchio schema di insegnamen­to e adattarlo a una vita il più possibile all’aria aperta. Quindi le scienze si imparerann­o guardando gli insetti nel giardino della scuola, la matematica contando foglie o pigne, l’italiano seduti sotto un albero. E così via in base alla fantasia delle maestre. Una «rivoluzion­e» che richiede comunque preparazio­ne. «E una buona dose di coraggio — ammette la preside Filomena Massaro dell’Ic 11 e 12 — soprattutt­o da parte dei dirigenti scolastici. Adesso gli insegnanti di alcune scuole torinesi della rete sull’outdoor education ci hanno chiesto di andare a parlare con i loro dirigenti, spaventati da tematiche attinenti alla sicurezza dei bambini». Perché è quello il freno principale, pare, da parte di alcuni presidi.

Ma il corso dell’alma Mater, oltre a formare gli insegnanti che già sono vicini a queste tematiche, è rivolto a qualunque laureato (di triennale o magistrale indifferen­temente) che magari abbia intenzione di avviare una propria attività con i bambini più incentrata sull’aspetto della natura.

«Il corso — scrive l’Ateneo — è pensato anche per attivare nuovi servizi educativi rispondent­i alle nuove richieste e ai nuovi bisogni della società». Basti solo pensare al successo della «scuola nel bosco» di Pianoro, fondata da due mamme. E intanto che l’Università fa formazione, la rete delle scuole votate all’outdoor cresce. «Il numero delle scuole in Italia interessat­e a questa didattica — spiega Massaro — sta crescendo e stanno arrivando le testimonia­nze delle prime sperimenta­zioni». Che saranno tutte presentate il 18 novembre in un maxi convegno (intitolato non a caso «Primarie all’aperto») che si terrà al teatro Testoni.

La preside Serve una buona dose di coraggio da parte dei dirigenti Serve più formazione sui tema della sicurezza dei bambini

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