Corriere di Bologna

I minori soli e il sogno di 84 aspiranti tutor

- Centuori

Sono 84 in regione, di cui un terzo a Bologna, le persone che hanno chiesto di poter diventare tutor legali dei minori stranieri soli. Hanno in media 35 anni (ma c’è anche un ventenne) e sono sia uomini che donne.

Durante la visita all’Hub di via Mattei, Papa Francesco ha ricordato come i minorenni stranieri soli e non accompagna­ti che sono arrivati in città dopo mesi difficili e una lunga traversata abbiano bisogno di «tenerezza e di tutele». E questi sono anche due dei punti fondamenta­li del progetto di formazione per i tutori volontari dei richiedent­i asilo, che sono rimasti da soli o sono arrivati senza un famigliare in città. Una novità che da qualche mese è prevista dalla legge Zampa. In EmiliaRoma­gna le candidatur­e arrivate fino ad oggi sono 84, un terzo sono quelle bolognesi. Trenta uomini e donne, infatti, la prossima settimana inizierann­o un corso di formazione di 30 ore per diventare i tutori di questi ragazzini che gli verranno assegnati, dopo un confronto e le dovute verifiche, dal Tribunale dei Minori. Sono operai, avvocati, liberi profession­isti, operatori sanitari, casalinghe e pensionati. L’età media dei tutori volontari che si sono candidati è di 35 anni. Il più giovane ha poco più di vent’anni. E saranno loro, dopo aver ricevuto l’ok dal garante dell’infanzia e dell’adolescenz­a dell’EmiliaRoma­gna, Clede Maria Garavini, ad accompagna­re il giovane richiedent­e asilo fino al compimento del 18esimo anno nelle varie fasi burocratic­he delle loro richieste di protezione internazio­nale e non solo. E qui c’è la novità prevista dalla legge: «Abbiamo interpreta­to questa funzione non più come sola tutela legale — spiega il garante Clede Maria Garavini — ma come un valore aggiunto per la relazione e l’integrazio­ne. E il tutore volontario non sarà lasciato solo, ma sarà una figura che accanto alla rete dei servizi sociali e sanitari diventerà un punto di riferiment­o per il ragazzo o la ragazza. Una sorta di genitorial­ità sociale». Arrivano dalla Nigeria, dal Marocco, dalla Guinea, dal Gambia. Il tutore dunque li accompagne­rà anche nella vita di tutti i giorni: andrà ai colloqui a scuola, porterà al cinema, a un concerto, a mangiare una pizza il ragazzo a cui è stato «abbinato». «Hanno bisogno di tenerezza e di tutela, come ha ricordato anche il Papa — conclude il garante —. Sono gli elementi base per la crescita di questi bambini e potrebbero diventare cittadini italiani,molti di loro rimangono qui. È un’esperienza che aiuta i bambini ma anche chi la mette in atto». Fino a qui il loro tutore è sempre stato il Comune in cui arrivano i ragazzi.

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Clede Maria Garavini

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