Il congresso fa saltare regole e bon ton
I rischi per l’amministrazione nel caso di un bis in Via Rivani
Palazzo d’Accursio ora è dentro il congresso del Pd con tutte le scarpe. Perché se Francesco Critelli dovesse strappare il bis per Via Rivani, la sua rottura con il sindaco diventerebbe un serio problema per l’amministrazione comunale. Entrambi si sono spinti oltre ciò che, in una terra come questa, era l’immaginabile. Nei prossimi mesi sarà importante il compito che svolgeranno le colombe dentro al partito. Ma non sarà facile ricucire. Perché in realtà una vera sintonia tra i due, nonostante le ormai datate dichiarazioni di facciata, non c’è mai stata. Solo convivenza e tanta realpolitik. Quella che ha portato Virginio Merola, due anni fa, a non mettersi di traverso all’elezione di Critelli contro il renziano Marco Lombardo, decisa dai voti dell’assemblea provinciale.
Il sindaco già allora sognava la corsa del suo pupillo Rizzo Nervo, o in alternativa un congresso vero nei circoli. Dovette cedere su tutti i fronti pur di ottenere il suo di bis in Comune senza passare dalle primarie. L’inizio di una guerra fredda tra i due che si studiavano attentamente senza mai lesinare in pubblico abbracci e stima reciproca. C’è stata anche una fase in cui tutto questo sembrava sincero. Durante la campagna elettorale per le Amministrative e subito dopo la vittoria di Merola al ballottaggio. Una fase molto breve. Poi Merola ha deciso di scegliere i suoi assessori in libertà senza passare da Via Rivani e di contrastare alcuni desideri della Federazione, come quello di far entrare nel cda di Hera il responsabile organizzativo Alberto Aitini. Critelli non ha mai dimenticato. E le turbolenze in Consiglio comunale si sono viste, giorno dopo giorno, delibera dopo delibera. Fino a quando il sindaco ha deciso di investire tutte le sue fiche su Rizzo Nervo. E a chi gli chiedeva un giudizio sull’operato del segretario, rispondeva con un glaciale «lo tengo per me».
Critelli ha aspettato la fine della Festa dell’Unità e solo al termine ha contraccambiato, dandogli «dell’incoerente» e in un qualche modo anche dell’ingrato, perché senza il sostegno del partito da lui guidato mai e poi avrebbe vinto le elezioni. Ma per un uomo di partito come Critelli, andare contro il sindaco è qualcosa di inusitato. Nel vecchio Pci non esisteva che il segretario e il sindaco litigassero in pubblico. Perché quando accadeva, significava che la crisi politica era davvero grave. Nelle chiuse stanze di Via Barberia e poi di Via della Beverara volavano parole grosse e anche di frequente, ma solo lì dentro. Non correva buon sangue tra Vincenzo Galetti e Renato Zangheri, il primo voleva succedere al secondo che non gradì, e lo «mandò» alla presidenza di Legacoop. Ancor prima, nel ‘59 l’allora segretario Guido Fanti chiese un cambio di passo al sindaco Giuseppe Dozza, ma il contesto era quello di una generazione di dirigenti che volevano archiviare l’epoca stalinista del Pci. Decenni dopo ci furono scontri tra il sindaco Walter Vitali e il segretario Sergio Sabattini, e poi tra Vitali e Sandro Ramazza, sicuramente il punto più basso dei rapporti tra sindaco e segretario, con accuse, critiche e colpi bassi che portarono alla sconfitta elettorale. Fu una crisi grave, quella che il partitone aveva sempre temuto e scongiurato nei decenni. E che oggi Merola e Critelli sembrano ignorare.