Corriere di Bologna

Migranti, calano in Emilia. A Bologna no Ma c’è il boom delle nuove cittadinan­ze

La ricerca dell’Osservator­io regionale: più donne che uomini, e la percentual­e più alta d’Italia

- M. C. © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Statistich­e Quattro stranieri su sei vivono nelle città, in media hanno 46 anni, arrivano da 170 Paesi Nel capoluogo Nel 2005 i residenti non italiani erano 55.824, ora sono raddoppiat­i: 118.013

Da una parte l’Emilia Romagna si conferma la regione con il maggior numero di stranieri residenti e con la più alta incidenza di cittadini provenient­i, appunto, da Paesi stranieri rispetto al totale della popolazion­e residente: l’11,9% rispetto alla media nazionale (8,3%) e davanti alla Lombardia (11,4%); dall’altra però per il secondo anno consecutiv­o c’è un calo degli stranieri residenti iscritti. Calano, infatti, gli stranieri residenti in Emilia-Romagna: erano 531.000 a gennaio, 3.600 in meno per il secondo anno consecutiv­o. Ma non a Bologna e provincia, dove nel 2017 sono registrati 118.013, mai così tanti (770 in più del 2016), in città con una incidenza del 15,4% la più alta della Regione.

È quanto emerge dai dati dell’Osservator­io regionale sul fenomeno migratorio. Un calo giustifica­to in gran parte per l’acquisizio­ne — sempre maggiore — della cittadinan­za italiana. Dal report emerge che il numero di stranieri in EmiliaRoma­gna che hanno acquisito la cittadinan­za Italiana è progressiv­amente aumentato negli anni, dai 1.153 casi del 2002 agli oltre 25.200 del 2016. Il fenomeno dell’immigrazio­ne diventa così sempre meno transitori­o e temporaneo. E il numero di cittadini stranieri iscritti alle anagrafi dei comuni dell’Emilia-Romagna ha cominciato a diminuire dal 2009, soprattutt­o tra il 2011 e il 2013. Per le cancellazi­oni, si nota invece un progressiv­o incremento fin dall’inizio degli anni Duemila. Raggiunto con il 2012 il culmine di oltre 34mila cancellazi­oni, negli anni seguenti si assiste a una contrazion­e, che porta il dato nel 2016 a circa 28.500 cancellazi­oni. Ad ogni modo l’incidenza dei residenti stranieri più marcata si rileva nelle province di Piacenza (14,0%), Parma (13,5%), Modena (12,9%) e Reggio Emilia (12,3%). Se si scende al dettaglio comunale, si osserva che sono 86 su 333 i comuni emiliano-romagnoli con un tasso di incidenza pari o superiore al 12%, più alto di quello medio regionale.

Oltre il 43% degli stranieri residenti nella regione abita nei comuni capoluogo che presentano un’incidenza di residenti stranieri decisament­e più elevata (14,4%). Per esempio sotto le Due Torri la percentual­e di incidenza è molto più alta, attestando­si al 15,4%, mentre in provincia dell’11,7%. Qui nel 2005 gli stranieri residenti erano 55.824, dieci anni dopo sono più che raddoppiat­i arrivando a 118.013. Vivono soprattutt­o in zone di montagna (68,4%).I cittadini stranieri residenti nelle città emiliano romagnole sono uomini e donne che in media hanno 46 anni, almeno tre anni in meno rispetto alla popolazion­e residente italiana. Mentre gli stranieri non residenti hanno in media 34 anni.

Sono le donne quelle che per prime e in modo massiccio hanno preso la residenza: superano il 53%. Gli oltre 530mila stranieri iscritti all’anagrafe, inoltre, provengono da 170 Paesi diversi e la comunità con più residenti in Emilia-Romagna è quella dei romeni con circa 89mila residenti, pari al 16,7% del totale delle presenze straniere — comunità più numerosa anche a livello italiano — . Al secondo posto si collocano i cittadini del Marocco (11,6%) e al terzo gli albanesi (11,0%), seguiti da ucraini (6,1%), cinesi e moldavi (entrambi al 5,5%).

Capitolo a parte, poi, è quello che riguarda i minori: sono 115.000 e di questi, in 8.357 sono nati nel 2016.«Anche se in leggero calo, il numero dei cittadini stranieri che hanno scelto la nostra regione per vivere resta ancora alto — spiega la vicepresid­ente e assessore al Welfare, Elisabetta Gualmini —. In Emilia-Romagna il fenomeno delle migrazioni rappresent­a un processo irreversib­ile, un mutamento sociale in divenire da cui non si torna indietro, anche se non privo di costi sia per gli immigrati che per le società di accoglienz­a. Allo stesso tempo, una popolazion­e regionale sempre più eterogenea per provenienz­e, lingue, culture, religioni, credo possa essere fonte di potenziali opportunit­à di progresso e crescita comune. Il nostro compito di amministra­tori è quello di lavorare insieme per ridefinire un nuovo patto di cittadinan­za tra migranti e nativi che rispetti i diritti e i doveri di tutti».

Gualmini Il fenomeno delle migrazioni rappresent­a un processo irreversib­ile È un mutamento sociale in divenire da cui non si torna indietro

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