La mamma che non mangia più per il figlio perduto
Il ragazzo era malato, lei accusa gli psichiatri, i magistrati voglio archiviare. E lei: voglio un giudice
Dopo il calvario psichiatrico del figlio, la battaglia giudiziaria contro le «omissioni» degli psichiatri che lo avevano in cura, oggi Mara Valdrè è in sciopero della fame e della sete, in protesta contro una seconda richiesta di archiviazione della Procura. Il suo calvario inizia quando il figlio Andrea Villani a vent’anni, nel 1993, inizia ad avere gravi disturbi psichiatrici. Fu lei stessa ad accompagnarlo al centro salute mentale di San Lazzaro. Ma secondo la madre da allora il figlio sarebbe caduto in una sorta di buco nero in cui gli psichiatri per curarlo dalla schizofrenia paranoide che lo affliggeva «non hanno fatto altro che riempirlo di farmaci».
Il ragazzo tentò più volte il suicidio, poi nel 2005 lanciandosi dalla finestra rimase paraplegico e già allora una prima inchiesta fu archiviata nonostante il consulente della Procura avesse scritto che c’era stata imprudenza da parte degli psichiatri. La madre continua a chiedere che abbia le cura idonee, ma gli psichiatri, secondo lei sottovalutando la situazione, lasciano a lui la gestione dei farmaci che deve assumere, tra cui il Rivotril. Andrea ne abusa ed entra in coma per un mese. Quando si riprende il suo fisico è ormai compromesso, ma non gli vengono prestate le cure necessarie.
Un primo giudice tutelare toglie alla donna, ormai in conflitto con i servizi sanitari, la tutela sanitaria e il ragazzo rifiuta qualsiasi cura, si susseguono tso e ricoveri dolorosi. La madre ottiene però dal giudice tutelare che sia fatta una perizia e il consulente incaricato effettivamente scrive che è lei «l’unica persona in grado di prendere decisioni rispetto alla terapie mediche» per il figlio. Ma quando la perizia viene depositata a ottobre 2015 Andrea è già morto: il suo cuore non ha retto. Mara Valdrè, appoggiata dall’associazione Telefono viola contro gli abusi psichiatrici, fa un esposto in Procura e una prima richiesta di archiviazione viene respinta dal gip che dispone ulteriori approfondimenti ma i due diversi consulenti della Procura «non hanno mai esaminato — spiega anche il legale della donna — le 1.500 pagine del diario di assistenza domiciliare, tutto quello che è stato fatto e somministrato al paziente negli anni», la chiavetta che le conteneva è sparita dal fascicolo. Il legale, con la seconda opposizione all’archiviazione, l’ha prodotta in formato cartaceo, ma l’istanza è ferma da settembre, in attesa che sia riaffidata a un nuovo gip, dopo il trasferimento del primo. «Chiedo solo che un giudice fissi un’udienza ed esamini tutti i documenti. Poi accetterò qualsiasi decisione» sostiene la 68enne, che non mangia e non beve da quasi due settimane.
La battaglia Da due settimane fa lo sciopero della fame e della sete. «Accetterò qualsiasi decisione»