La Breda senza futuro «Situazione disastrosa»
Produzione ancora ferma: nonostante le commesse, i bus li fanno ancora in Turchia
Novembre doveva essere il mese della ripartenza. Sedici mezzi da costruire, altri 32 nei due mesi successivi. Ma non è andata così. E in Breda, a quasi tre anni dalla nascita di Industria italiana autobus, la produzione resta ferma. Con prospettive che diventano sempre più tetre: «Siamo alla canna del gas», sintetizza il segretario regionale della Fiom Bruno Papignani. Un paradosso, per un gruppo che ha commesse per circa 400 autobus, anche di Tper. Ma nessuno di questi viene prodotto nello stabilimento di via San Donato. A beneficiarne è lo stabilimento in Turchia.
Eppure ne basterebbe una piccola parte per arrivare a produrre a pieno regime: «La Breda con 130 autobus ce la farebbe», calcola Papignani. D’altra parte sono lontani i tempi in cui lo stabilimento occupava 850 dipendenti. Ora a libro paga sono in 154, venti in meno di quelli che si contavano a primavera. Di loro, una cinquantina sono gli impiegati, tra cui 38 al lavoro. Drammatica la situazione per gli operai: sono cento, lavorano in una decina a rotazione. In via San Donato arrivano solo pochi bus da sistemare e la ristrutturazione dello stabilimento, attaccano i sindacati, procede ancora a rilento.
Ma dopo mesi di braccio di ferro con l’ad Stefano Del Rosso, ora la rabbia delle sigle si rivolge soprattutto a Roma. La speranza degli ultimi mesi era nell’intervento di un soggetto pubblico - si parlava della Cassa depositi e prestiti - per entrare nella compagine societaria e sostenere così l’attività dello stabilimento. «Ma non ci sono notizie», tuona Papignani. E questo, è la tesi dei sindacati, significa che questo tipo di operazione non ci sarà. Motivo per cui ora i rappresentanti dei lavoratori sperano di essere riconvocati al Ministero dello Sviluppo economico. E che si presenti anche Finmeccanica, per ora ancora azionista di minoranza.
Intanto i lavoratori restano in cassa integrazione fino al 31 dicembre, con la speranza che almeno l’anno prossimo possa partire la solidarietà. Per farlo, però, serve che la produzione a Bologna riprenda. Qui le sigle chiamano in causa la Regione e il piano trasporti. La richiesta a viale Aldo Moro è di intervenire sulle gare pubbliche per incentivare la produzione in Italia: «Bisogna trovare il modo affinché le aziende che costruiscono in EmiliaRomagna o in Italia abbiano un punteggio superiore a parità di qualità, sicurezza e prezzo», auspica il leader delle tute blu Cgil. Perché, sostiene Marino Mazzini della Fim Cisl, «il rischio è che la Regione investa pesantemente sul trasporto e che i bus non vengano fatti in Regione e nemmeno in Italia».
Intanto alla crisi della Breda si sono aggiunte le difficoltà della Vapor Europe di Sassuolo, azienda produttrice di componenti ferroviarie in mano a una multinazionale che ora vuole delocalizzare la produzione e licenziare 30 dipendenti su 50. E sul tavolo restano anche le difficoltà di altre realtà storiche come Motori Minarelli a Calderara e Demm a Porretta Terme.«Prima di dire che in questa Regione va tutto bene ci diano una mano a risolvere questi problemi», attacca Papignani.