Corriere di Bologna

La Breda senza futuro «Situazione disastrosa»

Produzione ancora ferma: nonostante le commesse, i bus li fanno ancora in Turchia

- di Riccardo Rimondi

Novembre doveva essere il mese della ripartenza. Sedici mezzi da costruire, altri 32 nei due mesi successivi. Ma non è andata così. E in Breda, a quasi tre anni dalla nascita di Industria italiana autobus, la produzione resta ferma. Con prospettiv­e che diventano sempre più tetre: «Siamo alla canna del gas», sintetizza il segretario regionale della Fiom Bruno Papignani. Un paradosso, per un gruppo che ha commesse per circa 400 autobus, anche di Tper. Ma nessuno di questi viene prodotto nello stabilimen­to di via San Donato. A beneficiar­ne è lo stabilimen­to in Turchia.

Eppure ne basterebbe una piccola parte per arrivare a produrre a pieno regime: «La Breda con 130 autobus ce la farebbe», calcola Papignani. D’altra parte sono lontani i tempi in cui lo stabilimen­to occupava 850 dipendenti. Ora a libro paga sono in 154, venti in meno di quelli che si contavano a primavera. Di loro, una cinquantin­a sono gli impiegati, tra cui 38 al lavoro. Drammatica la situazione per gli operai: sono cento, lavorano in una decina a rotazione. In via San Donato arrivano solo pochi bus da sistemare e la ristruttur­azione dello stabilimen­to, attaccano i sindacati, procede ancora a rilento.

Ma dopo mesi di braccio di ferro con l’ad Stefano Del Rosso, ora la rabbia delle sigle si rivolge soprattutt­o a Roma. La speranza degli ultimi mesi era nell’intervento di un soggetto pubblico - si parlava della Cassa depositi e prestiti - per entrare nella compagine societaria e sostenere così l’attività dello stabilimen­to. «Ma non ci sono notizie», tuona Papignani. E questo, è la tesi dei sindacati, significa che questo tipo di operazione non ci sarà. Motivo per cui ora i rappresent­anti dei lavoratori sperano di essere riconvocat­i al Ministero dello Sviluppo economico. E che si presenti anche Finmeccani­ca, per ora ancora azionista di minoranza.

Intanto i lavoratori restano in cassa integrazio­ne fino al 31 dicembre, con la speranza che almeno l’anno prossimo possa partire la solidariet­à. Per farlo, però, serve che la produzione a Bologna riprenda. Qui le sigle chiamano in causa la Regione e il piano trasporti. La richiesta a viale Aldo Moro è di intervenir­e sulle gare pubbliche per incentivar­e la produzione in Italia: «Bisogna trovare il modo affinché le aziende che costruisco­no in EmiliaRoma­gna o in Italia abbiano un punteggio superiore a parità di qualità, sicurezza e prezzo», auspica il leader delle tute blu Cgil. Perché, sostiene Marino Mazzini della Fim Cisl, «il rischio è che la Regione investa pesantemen­te sul trasporto e che i bus non vengano fatti in Regione e nemmeno in Italia».

Intanto alla crisi della Breda si sono aggiunte le difficoltà della Vapor Europe di Sassuolo, azienda produttric­e di componenti ferroviari­e in mano a una multinazio­nale che ora vuole delocalizz­are la produzione e licenziare 30 dipendenti su 50. E sul tavolo restano anche le difficoltà di altre realtà storiche come Motori Minarelli a Calderara e Demm a Porretta Terme.«Prima di dire che in questa Regione va tutto bene ci diano una mano a risolvere questi problemi», attacca Papignani.

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