Corriere di Bologna

LA CADUTA NELLA VORAGINE

- Di Marco Marozzi © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Uno spettro si aggira per l’Europa. No, non è il comunismo, figuriamoc­i. Forse non è nemmeno il fascismo. È l’ignoranza, la perdita della memoria. Il saluto fascista fatto da un ragazzo di 25 anni, già uomo, a Marzabotto è il quadro terribile della voragine in cui stiamo cadendo. Vuol dire che il giocatore del Futa 65, squadra di Loiano, Appennino contro Appennino, non aveva la più pallida idea di cosa significhi Marzabotto. La strage simbolo del nazifascis­mo. Oppure lo sapeva benissimo e ha voluto oltraggiar­e in piena coscienza, annusando un clima. Nessuno gli ha raccontato niente mentre arrivava nella città martire? Nessun dirigente, nessun compagno?

Per generazion­i Marzabotto evocava immediatam­ente il massacro di comunità intere. Valeva per tutti, persino per i fascisti del Msi. Se oltraggi c’erano, erano notturni, clandestin­i. Invece il goleador del Futa 65 lo ha fatto di fronte a tutti, con foto e telecamere. Come Roberto Spada a Ostia, con la testata e le bastonate in diretta tv. La storia di Eugenio Maria Luppi sarà sicurament­e diversa, normale: l’ostentazio­ne riempie ancor più di dolore. Se dei ragazzi «normali» usano Anna Frank o i simboli della Repubblica di Salò per offendere gli avversari vuol dire che noi, tutti noi siamo stati incapaci di essere di esempio. Come il presidente della Lazio che porta i fiori alla comunità ebraica e parla di «sceneggiat­a». Promette pure di finanziare viaggi annuali di giovani a Auschwitz.

Luppi si è scusato, con parole che sembrano molto dettate dalla sua società di calcio. Su Facebook. Accidenti, non potevano portarlo nel municipio e al sacrario di Marzabotto? Ma perché quella sfida? Non immaginava cosa avrebbe provocato? Intanto a Budrio si discute sull’invito a un festival di beneficenz­a di una band fascista. «Il vero tema dei nostri tempi è la messa in discussion­e della democrazia. Ho l’impression­e che la sinistra in Europa non veda l’effetto anni ’30» ha detto Walter Veltroni in tv, ricordando i tre milioni di polacchi che hanno sfilato con cartelli «No agli ebrei, no agli immigrati». Il guaio va ben oltre la sinistra persa nei suoi giochetti, è antropolog­ico. C’è un marcire di valori che troppi accettano come libertà di pensiero. Il pugno chiuso di Paolo Sollier del Catanzaro in serie A, le canzoni dei CCP Fedeli alla linea ispiravano tenerezza. La rivoluzion­e era una fiaba. Il saluto fascista di Paolo Di Canio nella Lazio era da nostalgico. I «gesti neri» dei ragazzi di adesso danno l’idea di puntare al futuro: quello che gli adulti dabbene non sanno più creare.

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