Gentilezza, l’unica dolcezza che non alza la glicemia
Un giorno una signora fermò un infermiere sul viale del Sant’Orsola e gli chiese gentilmente «Scusi lei sa dov’è il centro del piede diabolico?». L’infermiere trattenne un moto di riso (capì che la signora cercava il centro per il piede diabetico, una complicanza grave e dolorosa del diabete che può portare all’amputazione) e le diede una mano. È un caso che il 13 e il 14 novembre ricorrano a braccetto le giornate della gentilezza e del diabete. Mentre la dolcezza del cuore salva la vita, quella del sangue può lentamente bruciarla. La gentilezza, questo velluto cardiaco che attutisce le asperità degli incontri e della sfortuna di un mondo assordante. Serve ovunque, dall’autobus all’ospedale. Diverse ricerche hanno mostrato che nei reparti con maggiore empatia di infermieri e medici i diabetici hanno meno complicanze e minor bisogno di insulina. L’empatia si può misurare con la glicemia: più la glicemia è alta nel sangue di un diabetico, più alta è l’acidità del sangue di chi lo sta curando. È la dolcezza elementare, l’opposto della tossica dolcezza alimentare. La signora non aveva commesso nessun strafalcione. Il piede diabetico è diabolico fino a quando non arriva una mano gentile. Quel dia lì davanti che viene dal greco è un prefisso ambiguo che vuol dire sia separazione sia comunicazione attraverso qualcosa. Tocca a noi dargli un senso. «Mi dia la mano signora, la accompagno al centro del piede giusto».