Troppi ko, la Virtus s’interroga Ramagli avanti fino a Brindisi
Dopo la terza sconfitta consecutiva il tecnico chiamato a reagire: tattica e freschezza da migliorare
Seduto in sala stampa avvolto dall’abito nero, che suonava a lutto dopo la terza sconfitta consecutiva, Alessandro Ramagli è apparso soprattutto un uomo solo. Un tecnico circondato da problemi antichi che non è riuscito a risolvere. E non dovrebbe essere l’unico a provarci. Le «situazioni non allenabili» e i «passi avanti e indietro» sono richiami ai giocatori o una dichiarazione di resa, perché oltre a questo punto lui non può andare? Il confronto avuto in spogliatoio, a caldo, deve essere stato robusto, complicato. Il futuro del tecnico al momento non appare in discussione, ma il collante migliore per tenere salda una panchina sono le vittorie e un eventuale rovescio a Brindisi domenica cambierebbe radicalmente le cose.
Eppure, e l’abbiamo già raccontato, parlare solo male di questa Virtus è difficile. La squadra approccia bene le partite, ha una classifica povera ma tanti segmenti di gara ricchi, ne ha perse più di quelle che ha vinto ma sempre in volata e mai, in sette match, ha sbracato. Tuttavia la crisi c’è e l’ha ammesso anche Ramagli che sta diventando preoccupante. Poi se non è una malattia né una sindrome, come invece sembra, trovi lui un sostantivo adeguato.
È richiesto molto lavoro ancora per migliorare i tre settori che fanno oggi della Segafredo una squadra con problemi: il coaching, la tecnica e la freschezza atletica, non necessariamente in quest’ordine ma tutte componenti capaci di contribuire alle sconfitte. Sono, in fondo, quei margini di miglioramento da inserire nella parte attiva del bilancio, nel senso che i costi di queste sconfitte possono trasformarsi in benefici futuri. In questo senso il tecnico non ha torto, meglio adesso piuttosto che in aprile. Ma ad aprile bisogna arrivarci, possibilmente dentro le prime otto e magari avendo disputato le Final Eight di Coppa Italia, appuntamento che seguendo questo andazzo è a rischio.
Detto che Ramagli sta allenando una squadra incompleta, per evidenti responsabilità di un management sbandato durante l’irrequieta estate bianconera, oggi quegli errori appartengono al passato e nemmeno ricordare che pure il coach non ha contribuito a sciogliere certi nodi ed accelerare le operazioni di mercato servirebbe a cambiare le cose. La squadra ora è questa, con i suoi impossibili equilibri tra giocatori di Eurolega e giocatori di A2, come migliorarla? La Virtus dovrà crescere nella cura dei dettagli, che finora l’hanno condannata, e nella sicurezza riguardo a cosa fare e dove andare quando i possessi si fanno cruciali. Il gioco latita, perché tatticamente è una squadra ancora primitiva, quindi va cavalcato il binomio difesa aggressiva-parziali positivi: i giocatori devono spendersi dietro per più tempo, non sconnettersi — cit. Ramagli — appena guadagnano un vantaggio (tranne a Milano, il tesoretto dilapidato nelle quattro sconfitte era sempre in doppia cifra) e per farlo anche una maggiore freschezza atletica (oltre a più ampie rotazioni) può essere decisiva. Visto che i tiri, pure quelli ben presi, nei finali non stanno entrando, meglio non arrivarci con la gara in bilico.
Ramagli, poi, deve metterci qualcosa. La sua gestione tatticamente piatta è stata messa a nudo anche da Brescia, preparatissima. Da quel punto di vista, la Virtus le partite le subisce e non è un caso che i break arrivino, appunto, solo dall’intensità difensiva. Perdere i finali punto a punto è un retaggio dell’anno scorso, proseguito in estate e arrivato fino a novembre. Ramagli ha promesso cambiamenti drastici, ne attendiamo gli esiti.