IL NULLAFACENTE FERMARSI E NON AGIRE
Da stasera a domenica Michele Santeramo porta in scena il suo spettacolo che afferma la convinzione che in una vita corsa a velocità bisogna fermarsi e non fare, perché tanto ci pensa l’esistenza a portarci verso la morte Perciò consiglia alla sua donna,
«In un tempo che richiede presenza, prestanza, efficienza, ritmo, lavoro, programmazione, qui c’è uno che non fa niente. Niente, assolutamente niente. E non è facile». Così Michele Santeramo presenta Il nullafacente, spettacolo che da stasera a domenica 19 si potrà vedere nella sala Thierry Salmon dell’Arena del Sole (ore 20.30, sabato ore 20, domenica ore 16.30). Santeramo è il protagonista e l’autore del testo portato in scena da Roberto Bacci per il Teatro della Toscana, il teatro nazionale costituito dalla Pergola di Firenze e da quello che fu il Centro per la sperimentazione teatrale di Pontedera. Con Santeramo recitano Silvia Pasello, attrice di forte presenza, Michele Cipriani, Vittorio Continelli, Francesco Puleo, Tazio Torrini, con le musiche di Ares Tavolazzi, in una scena spoglia e oscura, un tavolo, qualche sedia, una poltrona consumata, un bonsai che raggruma una parte della filosofia della pièce. Santeramo è un drammaturgo che già da qualche anno suscita l’interesse di addetti ai lavori e spettatori. Vincitore del premio Hystrio per la drammaturgia nel 2014, con Bacci ha realizzato un altro spettacolo, “Alla luce”, imbastito su una storia paradossale ed estrema come questa, quattro ciechi che si giocano a carte un premio che consiste nel far riacquistare la vista al vincitore. Bacci, d’altra parte, ormai quindici anni fa aveva firmato un Oblomov, una lontana discesa nell’inedia come rifiuto di una società che esige in continuazione prestazioni.
Il nullafacente del titolo afferma la convinzione che in una vita corsa a velocità sempre più convulse bisogna fermarsi e non fare, perché tanto ci pensa l’esistenza a portarci verso la fine inevitabile, la morte. Perciò consiglia alla sua donna, malata incurabile, di abbandonare ogni illusione data dalle medicine; rifiuta di pagare affitto, luce e vive soltanto recuperando gli scarti dei mercati generali il sabato. Cura quel bonsai affinché non cresca, non diventi mai un albero, ma sia contenuto nella sua modesta forma di chi si accontenta di essere come è, senza pretendere nulla di più. Evidentemente queste posizioni intransigenti si scontrano con i pareri e gli interessi di altri personaggi, il Fratello della donna, il Medico, il Proprietario di casa, ognuno dei quali nasconde nel suo comportamento, apparentemente normale, un qualche interesse, un difetto, una fissazione o ossessione, qualcosa di inconfessabile. La domanda urgente che emerge da questa storia è solo una: «Cosa “non” devo fare, per stare bene?».