COME COMBATTERE L’EMARGINAZIONE
Dei 209 milioni concessi dal governo Gentiloni agli enti locali per l’istruzione, ben 20 milioni arriveranno in Emilia-Romagna. La vicepresidente della Regione e assessora al Welfare, Elisabetta Gualmini, ha deciso di impiegarli per il superamento della povertà educativa, a partire dai nidi. Il finanziamento segue gli accordi che Gentiloni e Bonaccini continuano a firmare in materia di piena autonomia regionale e di nuovo welfare. Già in estate il governo aveva concesso alla Regione un miliardo di euro per rimettere in moto l’ascensore sociale, riducendo la povertà economica. Ogni euro di tali risorse andrebbe speso per far uscire dalla miseria i cittadini senza un lavoro o con un reddito minimo. L’aiuto alle famiglie povere non ammette sprechi e distrazioni d’impiego, come purtroppo avviene in alcune altre regioni. La disoccupazione e i bassi redditi si presentano preoccupanti anche a Bologna. I 135 milioni destinati dalla Regione a favore della Città metropolitana dovrebbero permettere di rimuovere i blocchi che vietano ai disoccupati di uscire dal loro crescente immiserimento. Non è tollerabile che nella stessa Bologna una ristretta cerchia di persone moltiplichi le proprie ricchezze mentre larga parte della popolazione fa fatica a trovare casa e lavoro. Il finanziamento del governo potrebbe permettere una svolta e dare un futuro anche a chi è emarginato. Per raggiungere l’obiettivo, la vicepresidente Gualmini dice di non volersi limitare a un semplice provvedimento di sostegno alle povertà, ma vuole ridisegnare il welfare sui bisogni attuali dell’infanzia e delle famiglie che sono state sacrificate dallo sviluppo di un’economia in cui crescono le diseguaglianze sociali. Gualmini con il ridisegno del welfare regionale intende mettere al centro il rafforzamento del modello universalistico non come Welfare State, ma come Sistema cooperante con il Terzo settore, con le diverse istituzioni e con gli altri soggetti sociali. Tra questi, giustamente, è stato riconosciuto un ruolo portante alla Caritas, che con le sue opere umanitarie completa il servizio pubblico nell’estendere i programmi d’inclusione sociale. Sono tante le persone passate da un modesto benessere al bisogno di aiuto e di una prospettiva che di certo il reddito di solidarietà da solo non può offrire. Se all’aiuto sociale del nuovo welfare si aggiungerà però il contributo delle imprese private, sarà possibile offrire un lavoro a chi lo cerca, restituendogli così dignità e cittadinanza.