Corriere di Bologna

La gogna sul muro di casa: «Qui vive un nero» I vicini si mobilitano per l’uomo dei fazzoletti

Via D’Azeglio, presi di mira un ambulante e la sua famiglia. I residenti cancellano la scritta e denunciano

- Francesca Blesio

In una delle vie più eleganti della città, all’ombra dei primi colli, qualcuno armato di pennarello e poco cervello ha scritto sul muro, di fianco a un portone: «Qui vive nero + figli. Vende fazzoletti! Bella Italia!». Qualcun altro, armato invece di spiccata sensibilit­à, appena ha visto il graffito si è messo al lavoro per cancellarl­o subito, avvertendo polizia municipale e carabinier­i dell’accaduto.

Sono stati i vicini di casa della famiglia messa all’indice dalla scritta a munirsi di spugna e secchio e a ripulire la parete. In fretta, anche: «Volevamo evitare che i figli della coppia, che sono grandi e l’italiano lo conoscono bene, lo leggessero», racconta Valentina Paradisi. Valentina è incappata in quel messaggio domenica mattina, appena uscita di casa. «Stavamo passeggian­do e l’abbiamo visto: una roba disumana, razzismo allo stato puro. Abbiamo incrociato una signora che abitava nello stesso palazzo della famiglia. È entrata a prendere un secchio con del detergente e una spugna. E l’abbiamo cancellata».

Non è la prima volta che accade. «La vicina ci ha riferito che già in passato è stato scritto qualcosa di simile sulla famiglia, poi cancellato». E qualcosa di pericolosa­mente simile a quel che accadeva in un passato nemmeno troppo remoto, «con le scritte fuori dai negozi e le case degli ebrei, a segnalarne la presenza». Succede oggi in quella che nell’immaginari­o comune è ancora la «dotta» e accoglient­e Bologna.

Non ci sarebbe nemmeno bisogno di specificar­lo ma, per la cronaca, «quella di cui è stato scritto sul muro è una famiglia per bene, composta da persone carinissim­e, figli educati e ben tenuti, nonostante le condizioni economiche precarie in cui vivono. Noi che abitiamo in zona la conosciamo tutti, e non siamo gli unici a pensarla così», continua Valentina. È stata lei ad avvertire la polizia municipale, a recarsi in viale Panzacchi per presentare un esposto ai carabinier­i e infine a denunciare il fatto a Radio Città del Capo che lo ha raccontato.

«I carabinier­i ci hanno chiesto se c’erano telecamere in zona e ci hanno avvertito che, nel caso di indagini, ci avrebbero richiamato» spiega. A oggi ancora non hanno avuto notizie. Non sanno nemmeno se sono riusciti a evitare, con olio di gomito e spugna, che i figli della coppia leggessero di fianco al loro portone l’ignobile messaggio. «I genitori non conoscono bene la lingua, magari non avrebbero notato la scritta, ma i figli l’italiano lo sanno bene, e una roba del genere non dovevano leggerla».

Nessuno dovrebbe scrivere né leggere certe cose. Non dovrebbero incapparvi i tanti che come loro vivono in via D’Azeglio (fu così per Lucio Dalla), o che magari vi frequentan­o uno dei bar, come i giocatori del Bologna fanno con l’omonima pasticceri­a, o chi va e viene da scuola (c’è il San Luigi, proprio lì), o chi sempliceme­nte passeggia in una delle strade più belle e amate di Bologna.

Forse il contrasto tra la condizione economica della famiglia di origine africana e la zona agiata in cui casualment­e vive (in un appartamen­to popolare, in realtà) e lavora il padre ambulante, ha armato di ulteriore ferocia la mano di chi ha scritto sul muro.

Ignoranza e razzismo assieme partorisco­no idee sempre aberranti.

Valentina Questa è gente perbene, i figli parlano italiano, non volevamo che leggessero la scritta

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