Nuovi bolognesi vecchi pregiudizi
Arrivati soprattutto dal resto d’Italia, dalle regioni del sud (quasi 61 mila), da altre zone dell’Emilia-Romagna (26.600) e dal nord (19.500), oltre che dall’estero (63 mila, per lo più europei e asiatici). Un insieme che come categoria non esiste — sono appunto semplicemente residenti — ma che ci interessava per provare a entrare nelle dinamiche dell’accoglienza e dell’ospitalità, di questi tempi messe alla prova dalla convivenza con gli ultimi arrivati, i migranti. Abbiamo intervistato, sul sito del Corriere di Bologna, alcune persone che vivono sotto le Due torri perché hanno scelto di farlo: dalle loro storie esce una Bologna sicuramente ancora attrattiva, nonostante la crisi economica e in generale delle città, e anche ospitale. Un luogo aperto a nuove idee e dove c’è spazio per l’intraprendenza: sono diversi gli ex fuorisede impegnati in progetti di cittadinanza attiva o nella costruzione di reti di sostegno nella città che li ha accolti, forse anche per sopperire alla mancanza di radici familiari. Bologna, in definitiva, esce dal nostro piccolo «viaggio» tra i nuovi residenti come un posto in cui si sta bene, meglio che altrove. I dubbi sono arrivati quando queste storie sono state pubblicate online: tra i commenti sui social, diversi parlano di «bolognesi doc» in fuga o addirittura in estinzione, con toni dal nostalgico all’infastidito. È vero che Facebook è sempre più spesso una piazza dove sfogare la propria rabbia o frustrazione senza filtri, per cui alcune reazioni mosse dall’emotività risultano ingigantite. Ed è vero anche che quasi a ogni commento di tale tenore c’è almeno una replica di segno opposto. Ma la sensazione è che nella pancia di una parte di Bologna stia ribollendo qualcosa. Emerge una Bologna con due facce. Il lato in ombra parla di decadenza, di una città da cui qualcuno evidentemente si sente allontanare. In cui non si riconosce più. Percezioni ingiustificate? Ma esistono. Lasciare andare lo scontento alla deriva significa — in questo caso sì — perdere un pezzo di Bologna. Erosione che difficilmente si auto arresta. Bisogna allora intervenire, prima che sia troppo tardi, per riportare «dentro» chi si sente «fuori», chi si sente minacciato, chi non sa più dove mettere i confini di Bologna.