«La nostra parola d’ordine deve essere rigenerare Il Dall’Ara? Rifarlo altrove moderno e tecnologico»
Da dove passa il futuro architettonico/urbanistico di Bologna: centro o periferia?
«La riflessione deve partire dalla dimensione metropolitana. Serve una proficua sinergia fra centro e periferia, superando la logica centro-positivo e periferia-negativa. La periferia come luogo aperto e sperimentale, ed elemento trainante della città. È ruolo dell’urbanistica definire i nuovi centri da collegare e metterli a sistema in una visione sostenibile che guardi alla qualificazione delle periferie e alla riqualificazione dei centri storici».
È possibile immaginare una nuova architettura concentrata sulla rigenerazione e/o riqualificazione?
«Oramai è consolidata l’idea che il patrimonio edilizio delle periferie non risponde più alle esigenze dell’abitante contemporaneo. La parola chiave è rigenerazione: di edifici esistenti o interi comparti, che preservi le qualità storiche, rifunzionalizzi gli spazi, aggiorni le strutture, riduca i consumi, potenzi le future prestazioni. Il ragionamento va esteso anche al centro concretizzando nuove politiche di tutela, restauro, risanamento e nuove linee guida per portare a efficienza energetica l’edilizia storica».
Ex aree militari: vuoti da riempire o da salvaguardare? Come giudica i Poc «di rigenerazione»?
«Le ex caserme, tema affascinante della nostra città: il loro progressivo inutilizzo determina una serie di svilenti “abbandoni”. Vuoti da riempire d’idee con una corretta salvaguardia del polmone verde che rappresentano. Il Poc è uno strumento attivo che dovrebbe favorire scelte imprenditoriali sul territorio. Per i Prati di Caprara si riorganizzino pure le volumetrie esistenti, anche con ampliamento, ma sempre nel rispetto di un ormai consolidato equilibrio con le aree verdi e la dimensione del Grande Parco Urbano».
Alla luce dei repentini cambiamenti sociali e della crisi economica, è da rivedere il piano strutturale?
«Ci sono i presupposti per lavorare agli aggiornamenti».
Restyling del Dall’Ara o nuovo impianto altrove?
«Altrove. Pensiamo a un’area dedicata allo sport, moderna e tecnologica. Resta poi la grande opportunità di valorizzazione del Dall’Ara, con adeguate funzioni».
«Architettura, territorio, ambiente, economia: qual è il punto di equilibrio del presente?»
Nel riuscire a “rispondere alle esigenze del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare le proprie necessità”. La chiave è “Rigenerazione”».
Cosa pensa del «rammendo delle periferie» di Renzo Piano?
«Aderiamo ai principi del “rammendo”. Mast, Fico, Fiera, Tecnopolo, Università, Golinelli,
Qual è l’edificio più bello della città e quale il più brutto?
Tra gli edifici storici, Palazzo Fantuzzi ha una delle facciate più belle. Del moderno, la Biblioteca Bigiavi di Enzo Zacchiroli. Del brutto non ci piace parlare…
La scelta urbanistica del passato più felice e più infelice
Il tessuto dei portici: un sistema che risponde a una necessità sociale perché l’architettura e l’urbanistica sono strumenti a servizio della società. La più infelice, le acque perdute, che se recuperate potrebbero avere un ruolo fondamentale.
Quale progetto tiene nel cassetto?
Ne abbiamo uno su cui stiamo lavorando da tempo… speriamo di poterne riparlare presto.
Abbiamo proposto delle City Farms: microfattorie, protette dal traffico, dove sicurezza e comfort si fondono