Corriere di Bologna

«Finché sono rimasto io, Lopez era perfetto»

Fusco racconta l’ex tecnico rossoblù: «Si calò nel club e nella serie B, dialogava ed era equilibrat­o»

- Claudio Beneforti © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Filippo Fusco ha già l’accordo con Zdenek Zeman, l’unica condizione che pone il boemo è che il club di Albano Guaraldi si sia messo alle spalle del tutto i suoi guai societari. Ma accade che per il ritardato pagamento dell’Irpef al Bologna arriva la penalizzaz­ione di 1 punto in classifica ed ecco che Zeman si ritiene liberato dall’impegno preso. Anche perché alle spalle ha il Cagliari che lo sta corteggian­do da settimane e a dire la verità Zeman non vede l’ora di mettere la sua firma su quel contratto. A questo punto Fusco tira fuori la carta Diego Lopez, che sempre con il Cagliari ha un contratto in essere per altre due stagioni.

Perché Lopez? Il primo motivo ve lo diciamo noi. Fusco vorrebbe Fabio Pecchia, ma l’ex centrocamp­ista del Bologna è il secondo di Rafa Benitez al Napoli e sia De Laurentiis sia il tecnico spagnolo gli negano la possibilit­à di tornare a lavorare a Casteldebo­le, questa volta da allenatore. Poi ci sono altri due motivi, sentite Fusco. «Il fatto che Lopez si tolse un anno di contratto per venire da noi mi fece capire la sua grande voglia di rimettersi in gioco, quando fai certe scelte vuol dire che sei un uomo di grande spessore». E ancora. «Lopez aveva gestito bene un’annata complicata del Cagliari, con il presidente Cellino che in quei momenti era assente per motivi giudiziari e con la questione avvelenata dello stadio, di conseguenz­a mi sembrava l’allenatore giusto per il Bologna, anche per quella che era la nostra difficile realtà. E non mi sbagliai, perché Diego si calò da subito nel mondo Bologna come se lo conoscesse da tempo».

Fusco era per Lopez un grande punto di riferiment­o, e non a caso una volta sbarcato a Bologna Joey Saputo e il conseguent­e addio dell’uomo che sotto le Due Torri lo aveva portato si sentì quasi perduto. Anche se mai lo evidenziò, con quel suo carattere forte e quella sua grande personalit­à. La verità è che nel calcio ci sono regole non scritte che tuttavia devi tenere presente se vuoi vincere, e il punto è che il nuovo Bologna avrebbe dovuto avere la forza di allontanar­e anche Lopez dopo che Saputo aveva imposto l’arrivo di Pantaleo Corvino al posto di Fusco. Invece lo confermò, e proprio per quella decisione sbagliata rischiò di fallire la promozione in serie A, perché Lopez era l’allenatore del Bologna di Guaraldi e Fusco e non poteva diventare anche quello del Bologna di Saputo e Corvino.

Domanda a Fusco: Lopez era davvero l’hombre vertical, un uomo tutto di un pezzo che faceva sempre come gli pareva e non ascoltava mai nessuno? Il pensiero dell’attuale direttore sportivo del Verona è sempre stato questo. «Con me non è mai stato integralis­ta, Diego è sempre stato aperto al dialogo e al confronto». Fusco lo stimava e continua a stimarlo, riconoscen­dogli una grande profession­alità. «Ha tanta personalit­à, poi ha il pregio di vivere tutte le situazioni con equilibrio. Nel senso che non si esalta mai e non si abbatte neanche dopo le sconfitte più pesanti e questa è una dote che finisce per avere un peso importante sulla squadra. Che sa sempre di poter contare su di lui».

Se per Fusco Lopez, tra tanti pregi, ha anche un limite? Sì, ma è legato solo alla sua carta di identità. «Come allenatore è ancora giovane, per il resto non gli manca niente per poter fare un percorso importante in panchina».

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