Islam contro America Dove nasce l’odio
Il libro della giornalista Azzurra Meringolo Scarfoglio
L’antiamericanismo diffuso nei Paesi arabi non può essere spiegato come uno «scontro di civiltà», perché ha radici che affondano in scelte precise della politica estera americana. È quanto sostiene Azzurra Meringolo Scarfoglio, ricercatrice universitaria e giornalista del Gr Rai con anche un suo blog, iragazzidipiazzatahir.it, nel libro «Il sogno antiamericano. Viaggio nella storia dell’opposizione araba agli Stati Uniti» (Clueb). Con prefazione dell’ex ambasciatore Roberto Toscano, verrà presentato oggi alle 17.30 al Mondadori Megastore di via D’Azeglio 34 con i docenti Tiziano Bonazzi e Francesco Strazzari.
«Il libro — racconta l’autrice — è un’ulteriore elaborazione della mia tesi di dottorato ma, oltre a fonti accademiche e da archivi arabia, ci sono interviste a rappresentanti dell’opposizione, da Hamas alla Fratellanza musulmana. E poi anche a persone comuni, con un’analisi della pubblicistica araba, compresi i volantini diffusi in strada». A differenza di un antiamericanismo che in alcuni Paesi occidentali come la Francia è parte integrante della propria storia, in molti Paesi arabi gli Usa sono stati visti in passato come l’unica potenza in grado di garantire l’autodeterminazione dei popoli in epoca coloniale. Il cambiamento di rotta si afferma invece dopo la Guerra dei sei giorni, trovando nuova linfa con l’intervento americano in Iraq. Cambiamenti legati alla disordinata politica estera statunitense, nei quali l’antiamericanismo è l’altra faccia del sogno americano, di una libertà irrealizzata nel proprio Paese, riposto in un cassetto. «Può assumere — continua la Meringolo Scarfoglio — volti diversi a seconda di chi lo usa, dall’identificazione degli Usa come male assoluto da parte di certi regimi a opposizioni che ne approfittano per screditare i propri governi».
Non mancano, poi, analisi sui mille complotti attribuiti agli Usa o sulla Mecca-Cola, bevanda alternativa a quella simbolo dell’imperialismo americano, i cui proventi, in parte, vengono devoluti a chi si occupa di diritti umani nei territori palestinesi occupati da Israele. Nell’ultima parte c’è anche una finestra sulla politica di Trump dopo quella, disponibile ma solo sulla carta, di Obama: «Quello che è certo è che la campagna elettorale di Trump è stata islamofobica e che il presidente sta spostando l’ambasciata americana in Israele da Tel Aviv a Gerusalemme».