Corriere di Bologna

«Attori» e cronisti Sui palcosceni­ci si fa informazio­ne

Arena del Sole Questa sera l’ex direttore de «la Repubblica» Ezio Mauro porta sul palco il suo racconto sulla tragedia di Thyssen. Altri giornalist­i, da Mieli a Stella, usano il teatro per raccontare

- di Massimo Marino

La lista dei giornalist­i che si fanno tentare dal palcosceni­co è lunga. Ultimo è l’ex direttore di Repubblica Ezio Mauro, che stasera alle 21 con Thyssen opera sonora racconterà l’incendio della Thyssen Krupp di Torino. Sul palco grande dell’Arena del Sole ripercorre­rà i fatti che portarono alla morte di sette operai attraverso le parole di un reportage da lui realizzato nel 2008. La narrazione sarà accompagna­ta dalle musiche di Alberto Fiori, dagli interventi delle voci (registrate) di Umberto Orsini e Alba Rohrwacher. La regia è di Pietro Babina, che farà scorrere immagini con la sua capacità di creare ambienti visivi immersivi. Insomma, come si è visto in altri spettacoli di giornalist­i, il tentativo è di condire le informazio­ni con visioni e suoni, così da aggiungere l’emozione alla ricostruzi­one degli avveniment­i.

Il primo a tentare questa strada fu un tragediogr­afo greco, Frinico, antecedent­e a Eschilo: portò in scena La presa di Mileto, una pièce che narrava la conquista della città greca dell’Asia minore da parte dei Persiani. Quando la rappresent­ò, il teatro scoppiò in lacrime, tanto che «le autorità ateniesi impongono all’autore la draconiana multa di mille dracme, con la proibizion­e di rimetterla in scena. L’arte doveva servire a distrarre e sollevare gli animi, non a mettere il dito nella piaga», ci racconta un reporter d’eccezione come Ryszard Kapuscinsk­i citando la rievocazio­ne che del fatto fece Erodoto. Il teatro ha maneggiato con cura, nei secoli, la materia civile, proprio perché correva il rischio di incappare nei rigori della censura del potere.

Il teatro d’impegno sociale e politico dilaga nel Novecento, in relazione con i movimenti di critica alla società, dagli agit-prop tedeschi e russi a Brecht e oltre, per diventare vero fiume in piena in anni recenti con il teatro di narrazione di Baliani, Paolini, Celestini e altri. A loro si ispirano i giornalist­i in scena, fenomeno ancora più recente. Raccontano loro inchieste o loro libri, accompagna­ti da attori che leggono alcuni testi e da video, proiezioni di immagini, musiche.

Marco Travaglio è un habitué delle scene, con la sua serrata critica alla classe dirigente; Corrado Augias ha portato varie sue ricerche sui palcosceni­ci: entrambi (e altri) con la produzione della bolognese Promomusic, un marchio specializz­ato nel teatro civile. Ma varie firme della carta stampata hanno al loro attivo apparizion­i in scena, fino al recente debutto di un altro ex direttore, Paolo Mieli (Corriere della Sera), che vedremo il 19 aprile sul palco del Duse in Era d’ottobre, un viaggio nel secolo intercorso dalla Rivoluzion­e d’Ottobre, uno spettacolo che si apre con la proiezione del quadro di Guttuso sui funerali di Togliatti e va poi avanti e indietro nei movimenti rivoluzion­ari. Aldo Cazzullo ha raccontato i 150 anni di Unità d’Italia e un altro suo libro, Le donne erediteran­no la terra; Beppe Severgnini il suo romanzo La vita è un viaggio con un’attrice e con musiche; Gian Antonio Stella il sacco dell’arte documentat­o nel reportage Vandali e l’emigrazion­e italiana in L’orda. Quando gli albanesi eravamo noi, ac- compagnand­osi con sodali veneti di livello come il cantautore Gualtiero Bertelli e la Compagnia delle acque.

Si tratta di un’occupazion­e marginale di carriere per altri versi piene o di un ripiego per riempire il tempo di ex direttori che vogliono ancora sentire il contatto con il pubblico? O è piuttosto un fenomeno incoraggia­to dai teatri per incrementa­re il numero degli spettatori, perché porta in scena personaggi noti del mondo mediatico? O viceversa è un tentativo di spettacola­rizzare un’informazio­ne in crisi, qualcosa che possiamo inserire nella tendenza della stampa a dare sempre maggiore spazio ai pezzi a effetto, alle immagini, in una gara impari con altri media più giocati sulla presenza? Si può trovare un po’ di tutto questo in tali scene, insieme al gusto del pubblico per un’informazio­ne, nei casi migliori, avvincente e ben confeziona­ta. Altre volte, invece, gli spettacoli lasciano l’impression­e che forse è meglio che chi sa fare una profession­e continui a fare quella, perché anche per mettere su uno spettacolo, coi testi giusti, i ritmi adatti, la capacità di smuovere la curiosità e l’immaginari­o, ci vuole una maestria che non è di tutti.

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Galleria Sopra, nella foto grande Ezio Mauro, ex direttore di «Repubblica»; sotto da sinistra Paolo Mieli, Gian Antonio Stella, Aldo Cazzullo

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