La fabbrica delle meraviglie: ecco il Suv Lambo
Il premier: «Orgogliosi di questa manifattura proiettata al futuro». In arrivo altri 200 posti di lavoro
Un Suv nasce per affrontare terreni difficili e ostacoli imprevisti. Ma per il Lamborghini Urus l’imprevisto è arrivato fin dalla cerimonia di presentazione, ieri pomeriggio a Sant’Agata, con l’improvviso black out del palcoscenico elettronico. Addio effetti speciali, raggi laser e diretta streaming proprio quando dovevano sfilare i nuovi gioielli del Toro scortati dal presidente Stefano Domenicali e dal numero uno Audi Rupert Stadler. Ripresa la cerimonia — dieci minuti più tardi e in tono minore, con qualche luce di scena superstite — è stato il presidente del consiglio Paolo Gentiloni a sdrammatizzare: «Un acquazzone in un matrimonio porta bene». Non è dato sapere se gli azionisti tedeschi abbiano capito la battuta, ma certo il disastro tecnologico della scenografia è sembrato un fulmine divino contro chi proprio la tecnologia stava celebrando.
Il nuovo Urus, infatti, nasce per essere tecnologia fatta automobile. Un’auto da corsa (650 cavalli, 305 km/h di velocità massima, da 0 a 100 in 3,6 secondi) che riesce a trasformarsi in fuoristrada per superare le dune sahariane cambiando assetto, altezza da terra, erogazione di potenza, e perfino trazione da un asse all’altro. Un Suv che cambierà la storia dell’azienda, dice Domenicali, e in parte l’ha già cambiata. L’accensione delle luci nella ipermoderna fabbrica che lo produrrà arriva cinque anni dopo la prima idea, tre dopo la decisione di costruirla qui anziché a Bratislava dove già c’era la piattaforma per i Suv Porsche e Audi, e solo 18 mesi dopo la posa della prima pietra. È stato possibile grazie all’azione pressante dell’allora ad Stephan Winkelmann, del numero uno del marketing Audi, Luca de Meo (ora ceo di Seat), del governo italiano — in prima persona l’allora ministro dello Sviluppo, la bolognese Federica Guidi — e della giunta regionale. Domenicali li ha ringraziati tutti per «il gioco di squadra vincente».
«È l’Italia che fa sistema — commenta Gentiloni —. Trova il modo di accogliere i capitali stranieri, dimostra che la fiducia riposta nei nostri uomini è meritata. Fin da ragazzo sognavo la Miura, ma viaggiavo in 500». Ciascuno per la sua parte, tutti hanno spianato la strada al gruppo tedesco, garantendo velocità nelle decisioni, supporto nella formazione del personale, agevolazioni nelle complesse fasi di ampliamento, anzi del raddoppio, dello stabilimento. «Una vittoria italiana ed europea — commenta infatti Roni»: mano Prodi in platea —, frutto della collaborazione italo-tedesca». Per Gentiloni la nuova fabbrica è un modello di quell’Industria 4.0 su cui tanto ha investito il governo. Ma a Sant’Agata preferiscono chiamarla «Manifattura Lamborghi- una sorta di artigianato digitale, o artigianato 4.0 che entusiasma il premier quando conclude «Viva Lamborghini, viva la manifattura che non perde le sue radici ma sa trasferirle nel futuro».
Il lancio di Urus ha comportato un investimento di 700 milioni di euro, l’ampliamento della superficie utile da 80 a 160 mila metri quadrati, 500 nuovi posti di lavoro e altri 200 entro fine 2018. Al cantiere hanno lavorato oltre 600 aziende esterne con 3.600 addetti e tutto questo senza alcun rallentamento nella produzione degli altri due modelli Hurricane e Aventador. Anzi, il 2016 è stato un anno record con produzione e vendite salite del 7% a 3.457 unità e un fatturato di 906 milioni di euro (+2,2%). Nei primi nove mesi di quest’anno le cose non sono andate peggio: 2.930 auto vendute (+2,2%) e fatturato salito da 839 a 854 milioni. Con Urus, sul mercato dal prossimo anno, la Lamborghini però entrerà in un segmento molto più ampio, con un obiettivo produttivo di 7 mila vettura annue.