Quel nuovo cromosoma che risveglia il tumore del seno Lo studio dei ricercatori Unibo
Il lavoro, realizzato con il Memorial Sloan Kettering Cancer Center, apre nuove strade per la clinica e per inedite sperimentazioni
Gasparre Il prossimo passo è il progetto Transmit, coordinato dall’Ateneo, che ha l’obiettivo di divulgare i progressi nella ricerca
Nel 2017 in Italia sono state effettuate circa 50.000 diagnosi di tumore al seno. Sebbene i numeri siano in crescita rispetto agli anni precedenti, la mortalità è in costante diminuzione, grazie anche ai tanti investimenti in prevenzione, screening, terapie e mantenimento. Ciononostante in alcune persone la malattia si ripresenta dopo un periodo di latenza, resistendo alle farmacoterapie. Come mai?
Un gruppo di ricercatori coordinati dal Memorial SloanKettering Cancer Center di New York, tra cui nomi affiliati al dipartimento di Medicina sperimentale e all’Unità di Genetica medica dell’Alma Mater, ha portato avanti uno studio nel tentativo di trovare una risposta proprio a questa domanda. La ricerca approfondisce i meccanismi attraverso cui le cellule tumorali, dopo i cicli di terapia, possono passare da uno stato inattivo a uno metastatico e non risolvibile con le cure già adottate. I risultati individuano la risposta all’interno delle nanovescicole, nello specifico nel DNA mitocondriale che contengono, identificato per la prima volta grazie a questo studio.
«È definito “il quarantasettesimo cromosoma umano” — spiega Giuseppe Gasparre, professore associato del dipartimento di Scienze mediche e chirurgiche — vive nelle nostre cellule e collabora con le altre; è il fulcro senza cui non ci sarebbe energia».
Il lavoro, pubblicato di recente su Proceeding of the National Academy of Sciences, si basa su dati provenienti da pazienti oncologiche che, a distanza di anni dalle cure ricevute, hanno ripresentato il tumore. Caratteristica comune: abbondanza nel siero sanguigno di vescicole extracellulari contenenti Dna mitocondriale. Tradotto: energia assorbita dalle cellule tumorali dormienti che quindi, non solo si risvegliano, ma sono capaci di resistere alle cure.
Questa scoperta apre nuove domande sul piano clinico e della ricerca. È possibile che questo meccanismo possa spiegare anche quello di altri tipi di tumore, ma mancano ancora evidenze in letteratura. Resta inoltre da approfondire come la cellula tumorale “convinca” le cellule circostanti a rilasciare le nanovescicole. Capire come poter bloccare questo rilascio potrebbe portare diversi vantaggi, dal monitoraggio delle vescicole all’individuazione di uno specifico bersaglio terapeutico, raggiungendo una più lunga sopravvivenza senza recidiva.
La ricerca non si ferma e il prossimo passo ha già un nome: Transmit. «Si tratta di un progetto finanziato da fondi europei, coordinato dall’Università di Bologna, che prevede la collaborazione internazionale di centri d’eccellenza nella ricerca scientifica, di partner industriali leader nel settore biomedico, fondazioni e associazioni a sostegno di pazienti oncologici». Il progetto prevede la formazione di giovani ricercatori sul metabolismo del cancro: «Il fine ultimo non è la solo la ricerca, ma anche la divulgazione dei progressi nella ricerca sul cancro al di fuori degli ambiti specialistici, creando un ponte tra ricerca, clinica e utente».