ALINOVI DAOLIO IL PREMIO A MIGLIORI
Accademia di Belle Arti Domani il grande fotografo bolognese riceverà il riconoscimento per la sua lunga e variegata carriera come «architetto della visione», che ha contribuito a trasformare una professione in una forma d’arte Durante la cerimonia l’auto
Dopo lo scultore Luigi Mainolfi, il Premio Alinovi-Daolio verrà assegnato domani al fotografo Nino Migliori, alle 11 nell’Aula Magna dell’Accademia di Belle Arti. Il riconoscimento, dopo ventisette edizioni intitolate al solo nome della docente del Dams uccisa nel 1983, ha cambiato la sua denominazione dopo la scomparsa 4 anni fa di Roberto Daolio, compagno d’arte della Alinovi.
Il compito di sintetizzare la lunga parabola artistica di Migliori, classe 1926, sarà affidato a una trentina di sue immagini che saranno commentate dallo stesso premiato, insieme ai membri bolognesi della giuria Claudio Marra e Renato Barilli. Prima di consegnargli, com’è ormai tradizione, un’opera di Mainolfi, il premiato dell’anno passato. Il premio, assegnato dalla giuria che comprende Alessandro Mendini, Loredana Parmesani e Jacopo Quadri, verrà consegnato alla presenza di Fabio Roversi Monaco ed Enrico Fornaroli, rispettivamente presidente e direttore dell’Accademia.
Attivo dal 1948, Migliori ha contribuito all’evoluzione della fotografia a forma d’arte ampiamente riconosciuta. Tra le sue mostre recenti è da ricordare l’antologica dedicatagli nel 2013 a Palazzo Fava, ma le sue opere sono presenti nelle maggiori collezioni pubbliche e private a livello internazionale. Anche perché Migliori è oggi considerato un «architetto della visione» che non ha mai smesso il gusto di sperimentare, sempre pronto a lasciare la strada vecchia per quelle nuove. Come si potrà verificare domani ripercorrendo le immagini scelte. Dalla fase neorealista degli anni 40 e 50, densa di volti di un’Italia povera e desolata, al graffitismo della stagione dell’Informale, preludio della Street Art contemporanea. «Egli — si legge nella motivazione — non ha mancato anche di valersi del mezzo “popolare” della Polaroid, attratto dagli effetti cromatici di voluto “cattivo gusto” ovvero di sfida al kitsch. Ma all’estremo opposto Migliori è stato pure capace
di svolgere raffinate analisi di sapore “concettuale”, mentre nel suo curriculum non mancano anche le installazioni, con le foto stese a tappeto a coprire intere stanze».
Nel viaggio dentro il lavoro di Migliori, che ricorderà anche i suoi pirogrammi, lucigrammi e idrogrammi, ci sarà spazio per l’ultima stagione, incentrata dagli anni Duemila sull’esaltazione di note opere d’arte, «immerse in un mare di tenebre, estratte e scavate fuori grazie a fiotti di luce che le investono, ne fanno apparire e nello stesso tempo ne stravolgono i lineamenti».