«L’Emilia-Romagna deve contare di più»
Confindustria, il nuovo presidente Ferrari: «L’Emilia-Romagna ha grandi risultati ma conta ancora troppo poco»
Pietro Ferrari, da luglio scorso presidente di Confindustria Emilia-Romagna, ha in testa due numeri: il 2 e il 5. Il primo è l’obiettivo di crescita del Pil «per poter dire che siamo in una fase di ripresa strutturale»; il secondo è il tasso di disoccupazione raggiunto il quale «avremmo risolto gran parte del problema lavoro». Tra le regioni italiane, l’EmiliaRomagna è quella più vicina ad entrambi. Secondo le previsioni di Confindustria, infatti, il 2017 si chiuderà con un Pil a +1,8-2,0% e con la disoccupazione al 6%. Siamo davvero a un passo dalla fine della crisi e gli industriali vorrebbero che quanto di buono fatto finora non fosse gettato al vento. Per questo guardano con preoccupazione al voto di primavera che rischia di consegnare un Paese ingovernabile e premono sui vertici di via dell’Astronomia perché riportino in primo piano, durante la prossima campagna elettorale, le ragioni delle imprese più dinamiche, innovative e internazionalizzate.
Lo faranno domani, alla Fondazione Golinelli, in un incontro preparatorio all’Assise generale del 16 febbraio a Verona. Si confronteranno, a porte chiuse, con il presidente Vincenzo Boccia e con lo stato maggiore di Confindustria assieme ai colleghi delle Marche, di Confindustria Ceramica e di Ucima. «L’Emilia-Romagna ha una sua specificità — dice Ferrari —. Siamo una regione di transito che trae forza dalle contaminazioni. Questo spiega perché usciamo dalla crisi meglio di altri. Oggi siamo una delle locomotive del paese, ma, forse per tradizione, timidezza o mancanza di coesione fra i campanili, non riusciamo ancora a contare quanto meriteremmo». Ferrari chiede perciò di «abbassare i campanili, accentrare le funzioni di capitale su Bologna, proseguire sui percorsi che hanno dato buoni frutti, come la legge sull’attrattività o il patto per il lavoro». La locomotiva tira, aggiunge, ma «una locomotiva serve se traina i vagoni: troppe aziende, troppi settori, come l’edilizia, sono rimasti indietro».
I numeri sciorinati ieri nella conferenza stampa di fine anno descrivono invece una realtà d’eccellenza: prima regione in Italia per export pro capite, prima per stato d’avanzamento dell’economia digitale, terza in Europa per quota di occupazione nella manifattura, tra le prime in Italia per spesa in ricerca e sviluppo, per valore aggiunto industriale, per occupabilità dei giovani e la più presente nella classifica delle Smart city (quattro capoluoghi di provincia nei primi 11 in Italia). Il 2018 si presenta come un altro anno positivo, in linea con quello che sta finendo, ma Ferrari è convinto che sia necessario «un altro passo avanti». In quattro direzioni, secondo il programma di lavoro che si è dato: il rafforzamento delle filiere attorno alle aziende capofila, l’infrastrutturazione fisica e tecnologica del territorio, la semplificazione della macchina amministrativa, la cura delle risorse umane. E qui ha citato gli istituti di formazione professionale, gli Its, che oggi diplomano 359 supertecnici all’anno, mentre Confindustria vorrebbe rilanciarli perché ne sfornassero almeno 3.500, come chiedono le aziende.