Corriere di Bologna

ASPETTARSI TUTTO RENDE SCONTENTI

- Di Giuseppe Sciortino © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Alcune notizie sono in grado di attirare attenzione e fare discutere. Sono quelle che, volenti o nolenti, agganciano e condensano i timori più indefiniti, e più diffusi, dell’opinione pubblica. L’attenzione che circonda lo scarso numero di iscritti alla nuova laurea magistrale in Advanced automotive electronic engineerin­g rientra nella categoria. Molti si chiedono come sia possibile che una simile iniziativa — sviluppata in collaboraz­ione con importanti case automobili­stiche per formare figure altamente richieste dal mercato del lavoro — sia frequentat­a da pochi studenti. Insomma, perché così tanti dei potenziali candidati non erano in grado di soddisfare i requisiti necessari? Da qui, per progressiv­a generalizz­azione si apre l’intero vaso di Pandora del sistema universita­rio italiano: perché il passaggio tra formazione e lavoro sembra sempre più incerto? Perché molti studenti scelgono corsi di laurea che non offrono grandi sbocchi lavorativi, mentre altri assai più favorevoli risultano quasi vuoti? È colpa del sistema universita­rio italiano oppure dei giovani italiani?

Come il coordinato­re del corso, Riccardo Rovatti, ha chiarito al Corriere, l’annuncio di una crisi dell’iniziativa è quantomeno prematura. Le iscrizioni sono ancora aperte. Quasi tutti i corsi di laurea molto specialist­ici ricevono all’inizio l’attenzione solo di pochi studenti. E, in ogni caso, il successo dei corsi di laurea si misura dopo qualche anno, non dopo mesi. Si tratta di chiariment­i realistici e utili. Ma non fermeranno le ansie sul ruolo delle scelte universita­rie degli studenti. Che saranno anzi destinate a riaccender­si sempre più spesso, in risposta a notizie sempre diverse, senza mai arrivare a una conclusion­e. Perché il problema è la mancanza di chiarezza sulla missione dell’università, e di conseguenz­a su ciò che gli studenti (e le famiglie) possono aspettarsi dall’esperienza universita­ria. Studiare all’università è un modo di perseguire le proprie inclinazio­ni personali oppure di acquisire competenze riconosciu­te sul mercato del lavoro? In quale misura la costruzion­e della propria carriera è responsabi­lità dello studente e in quale misura dell’istituzion­e? Ha senso pensare che l’università debba e possa funzionare come un «ascensore sociale», quando ciò dipende dalle opportunit­à presenti nel sistema economico ben più che in base agli esami sostenuti? Se dall’università ci si aspetta di tutto, è quasi inevitabil­e scontentar­e tutti.

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