ASPETTARSI TUTTO RENDE SCONTENTI
Alcune notizie sono in grado di attirare attenzione e fare discutere. Sono quelle che, volenti o nolenti, agganciano e condensano i timori più indefiniti, e più diffusi, dell’opinione pubblica. L’attenzione che circonda lo scarso numero di iscritti alla nuova laurea magistrale in Advanced automotive electronic engineering rientra nella categoria. Molti si chiedono come sia possibile che una simile iniziativa — sviluppata in collaborazione con importanti case automobilistiche per formare figure altamente richieste dal mercato del lavoro — sia frequentata da pochi studenti. Insomma, perché così tanti dei potenziali candidati non erano in grado di soddisfare i requisiti necessari? Da qui, per progressiva generalizzazione si apre l’intero vaso di Pandora del sistema universitario italiano: perché il passaggio tra formazione e lavoro sembra sempre più incerto? Perché molti studenti scelgono corsi di laurea che non offrono grandi sbocchi lavorativi, mentre altri assai più favorevoli risultano quasi vuoti? È colpa del sistema universitario italiano oppure dei giovani italiani?
Come il coordinatore del corso, Riccardo Rovatti, ha chiarito al Corriere, l’annuncio di una crisi dell’iniziativa è quantomeno prematura. Le iscrizioni sono ancora aperte. Quasi tutti i corsi di laurea molto specialistici ricevono all’inizio l’attenzione solo di pochi studenti. E, in ogni caso, il successo dei corsi di laurea si misura dopo qualche anno, non dopo mesi. Si tratta di chiarimenti realistici e utili. Ma non fermeranno le ansie sul ruolo delle scelte universitarie degli studenti. Che saranno anzi destinate a riaccendersi sempre più spesso, in risposta a notizie sempre diverse, senza mai arrivare a una conclusione. Perché il problema è la mancanza di chiarezza sulla missione dell’università, e di conseguenza su ciò che gli studenti (e le famiglie) possono aspettarsi dall’esperienza universitaria. Studiare all’università è un modo di perseguire le proprie inclinazioni personali oppure di acquisire competenze riconosciute sul mercato del lavoro? In quale misura la costruzione della propria carriera è responsabilità dello studente e in quale misura dell’istituzione? Ha senso pensare che l’università debba e possa funzionare come un «ascensore sociale», quando ciò dipende dalle opportunità presenti nel sistema economico ben più che in base agli esami sostenuti? Se dall’università ci si aspetta di tutto, è quasi inevitabile scontentare tutti.