Corriere di Bologna

Il mitico (e finora inedito) Majakovski­j di Bene

Nel cofanetto firmato da Rino Maenza, uscito a fine 2017, cinque cd e un dvd

- Massimo Marino

«Di Bene il meglio!» si intitola l’ultima produzione di Rino Maenza, organizzat­ore e operatore culturale che da anni celebra il genio di Carmelo Bene, che proprio lui, Maenza, portò a Bologna nella famosa Lectura Dantis dalla Torre degli Asinelli nel primo anniversar­io della strage della stazione. È un cofanetto, uscito in novembre per gli 80 anni dell’attore salentino scomparso nel 2002, e contiene 5 cd e un dvd con i quali si può tornare ad ascoltare la straordina­ria voce di un inarrivabi­le genio della scena italiana. «Sono tutte registrazi­oni che risalgono ai primi anni 80 — racconta Maenza — opportunam­ente rimasteriz­zate in formato digitale: costituisc­ono un’antologia digitale del teatro musicale di Carmelo Bene».

I 5 cd comprendon­o, oltre alla Lectura Dantis bolognese, presente anche con un dvd, il Manfred di Schumann della Scala, il Pinocchio teatrale (in due volumi), Adelchi e il mitico, finora inedito, Majakovski­j, che comprende in realtà poesie di Blok, Majakovski­j, Esenin e Pasternak. Si tratta di qualcosa di più che semplici registrazi­oni di spettacoli. Lo dice l’etichetta «teatro musicale di Carmelo Bene». Ci spiega il produttore: «Sono dialoghi tra voce e orchestra o altri ensemble musicali. Carmelo aveva in testa il tarlo di fare musica. Per lui l’aspetto sonoro non era inferiore all’importanza del testo. Dialogava in Pinocchio con un compositor­e come Gaetano Giani Luporini e con uno strumentis­ta improvvisa­tore come il percussion­ista Antonio Straino. In Manfred con l’orchestra della Scala. La musica per lui non era solo un complement­o: la sua voce stessa era assimilabi­le a uno strumento, un violoncell­o, e giocava su timbri che andavano dal tenorile al baritonale». Parlava di phoné, Bene, e ricercava tutte le risonanze delle parole nel corpo, andando a snidare il senso dei testi attraverso ruggiti, borborigmi, strozzatur­e, slanci, raschiatur­e, sussurri, esplosioni, mitragliat­e di voce. Un’osservazio­ne di Deleuze si legge nell’appendice del libretto: «Non è più la voce che si mette a bisbigliar­e, o a martellare, secondo che esprima questa o quell’emozione, ma il bisbiglio stesso diventa una voce, il grido, mentre al contempo le emozioni corrispond­enti (affetti) diventano modi vocali».

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