Corriere di Bologna

La bioplastic­a che nasce dal fango Il progetto a costo zero dell’Ateneo

L’Alma Mater guarda all’ecologia con B-Plas, che utilizza materiali di scarto

- Sara Forni © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

La plastica del futuro? Sarà fatta con il fango e si potrà produrre in casa. E nasce a Bologna. Si chiama B-Plas il progetto che permetterà di produrre materiali plastici a base biologica sfruttando l’azione dei microrgani­smi presenti nei fanghi di depurazion­e e in altri materiali di scarto. L’idea, che punta a un’economia di tipo circolare e alla tutela dell’ambiente, è diventata realtà grazie al lavoro di ricerca e prototipaz­ione svolto dall’Alma Mater in collaboraz­ione con l’azienda vinicola di Faenza Caviro, la prima ad aver offerto la sua disponibil­ità, oltre a Sabio srl e all’ungherese Pannon Pro Innovation­s. L’innovazion­e sarà quella di utilizzare un particolar­e tipo di poliestere naturalmen­te prodotto da alcuni batteri presenti in materiali di scarto. La fermentazi­one di questi materiali favorirà la riproduzio­ne dei microrgani­smi presenti, incentivan­do il meccanismo di produzione della bioplastic­a.

«Il vantaggio di questa scoperta è che nonostante la bioplastic­a prodotta abbia un valore molto elevato, il costo di produzione è ridotto perché vengono usati materiali che normalment­e le grandi industrie scarterebb­ero», racconta Cristian Torri, professore di Chimica che ha seguito il progetto. Oggi produrre un chilo di bioplastic­a costa circa 30 euro, un chilo di bio-pellet sei euro. Per ora è stato realizzato solo un prototipo a livello semi-industrial­e di circa dieci chili, che ha permesso di quantifica­re il risparmio che si otterrebbe con questa tecnica: secondo Torri, la bioplastic­a potrà essere ottenuta dai prodotti di scarto gratuiti allo stesso costo di quella classica. «E la materia prima non mancherebb­e — continua Torri — una famiglia europea produce mediamente 500 chili di materiale di scarto tra cibo e sostanze solubili all’anno, mentre le aziende ne producono molto di più». Con BPlas quelle quantità di materiale produrrebb­ero tra i 60 e i 180 kg di bioplastic­a.

Ma Torri, insieme ai colleghi (la professore­ssa di Scienze ambientali del Cirsa di Ravenna Paola Galletti, il professore di Economia Matteo Mura) e gli studenti dell’Università che hanno partecipat­o al progetto non si sono fermati qui. L’obiettivo più ambizioso è quello di portare nelle case la possibilit­à di creare la plastica: «In futuro vorremmo che questa tecnica diventasse possibile anche a livello domestico — auspica Torri —. Contando sull’appoggio del mondo dei costruttor­i e della tecnica della stampa in 3D, infatti, si potrebbe produrre materiale plastico a chilometro zero, direttamen­te in casa propria».

Se B-plas, che è sostenuto e finanziato dalla community europea Climate-Kic Italy, si appoggia sul sostegno e i numeri della grande produzione industrial­e, per realizzare questo secondo progetto i ricercator­i vorrebbero attivare una campagna di crowdfundi­ng.

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