TROPPO SANREMO? TRANQUILLI, UN PO’ DI LEGGEREZZA NON NUOCE
Lascio tutti i commenti sul livello culturale del Festival di Sanremo alla penna di Aldo Grasso e di Roberto Franco che sul Corriere della Sera nei giorni scorsi hanno espresso con ironia e tristezza la loro opinione. Mi piace però fare notare che mentre al Festival ho sentito i conduttori sproloquiare perfino su un monumento della cultura italiana come Leopardi, a Bologna tante persone hanno scelto una visita guidata a Palazzo Boncompagni, luogo dove visse prima di diventare papa Gregorio XIII, seguendo la visita guidata a cura di Max Martelli e preferita allo show televisivo. Non so se debbo essere preoccupata o fiduciosa. Non lo so, davvero. Maria Grazia Amato, BOLOGNA
Gentile signora Maria Grazia,
entrambe le cose, perché nella vita non è mai tutto nero o tutto bianco. Le sfumature di colore e non di solo grigio sono ben più di 50. Sono molte le cose che inducono ad essere preoccupati, basta guardare alla cronaca, con i suoi fatti e misfatti, storie terribili alle quali si agganciano polemiche, giudizi sommari e strumentalizzazioni politiche, che finiscono per essere ancora più avvilenti delle vicende stesse. Poi ci si mettono anche il frivolo, il gossip, le imprese nelle isole dei soliti poco noti, per ubriacare troppa gente. Un po’ di svago, di leggerezza, di divertimento fa bene alla salute. Ma l’overdose ha un effetto subdolo: non si manifesta in immediata forma letale, ma diffonde un lento avvelenamento, con il distacco dal reale e l’immersione in un eden virtuale, nel quale la gerarchia dei valori diventa idolatria dei disvalori. Nello stesso tempo si può, anzi si deve essere fiduciosi, perché il bene è una pianta che non teme la siccità. Sono convinto e spero di essere da lei condiviso, gentile signora, che nel mondo ci sia tanto bene almeno quanto il male, anche se questo ama mostrarsi e l’altro mimetizzarsi. Mentre il Festival replicato ad ogni ora incolla alla sedentarietà, mi fa sapere che tanti bolognesi vanno a scuola di bellezza in via del Monte, nelle sale del palazzo dove visse Ugo Boncompagni, l’unico bolognese diventato Papa. S’immergono in emozioni assai diverse da quelle di Sanremo che non vanno negate in toto, perché anche una canzone può parlare all’anima, ma di sicuro conviene ridimensionarle, soprattutto nei bla bla di certi applauditori in servizio permanente. Respirare la vita e il tempo dell’uomo che ha dato al mondo il calendario con il febbraio che ogni quattro diventa di 29 giorni, è un proficuo esercizio antiossidante. Combatte non i radicali liberi ma i radical ben poco chic del nullismo. Dunque, non stiamo sereni, ma almeno fiduciosi. Perché è questa Bologna che vuol dire fiducia.