Corriere di Bologna

Il coraggio di Siria, bambina Wonder

Ha undici anni e ha già subito dodici interventi. «Da grande farò il chirurgo»

- di Francesca Candioli

La seconda casa di Siria, 11 anni, è il Sant’Orsola dove si è già sottoposta a dodici interventi al viso.

Come lei, 25 anni fa, la mamma Michela, a 13 anni, si rivolse al Rizzoli perché affetta dalla Treacher Collins, la sindrome che deforma il viso, divenuta nota al grande pubblico grazie al film «Wonder». Gli stessi medici che seguirono la mamma, adesso curano la piccola Siria.

«Tutti nel mondo, almeno una volta nella vita, dovrebbero ricevere una standing ovation». A dirlo è Auggie, il bambino del film Wonder (2017), che interpreta un ragazzino affetto dalla Treacher Collins al suo primo giorno di scuola media.

La stessa sindrome, una malattia congenita causata da alcune mutazioni genetiche, che ha colpito anche Siria, quando era ancora nella pancia della mamma. Una ragazzina di Rimini, che oggi frequenta la prima media, e porta il nome di una stella bianca, quella che brilla di più nel cielo notturno.

La sua seconda casa è il Sant’Orsola dove si è già sottoposta a 12 interventi al viso, solo quattro nel 2016. La sua storia, però, è iniziata 25 anni fa: era il 1992 quando la mamma, Michela, si presentò al Rizzoli dove al momento si trovava la chirurgia maxillofac­ciale del Policlinic­o. Allora aveva 13 anni, anche lei era affetta dalla Treacher Collins ma con un’espressivi­tà clinica meno invasiva. Qui incontrò il dottor Renzo Giuliani assieme ai chirurghi Claudio Marchetti e Alberto Bianchi.

Gli stessi che l’hanno seguita passo per passo, ma anche gli stessi che, una volta che lei scoprì di essere incinta di una bimba con la sua stessa patologia, le hanno detto: «Decidi te se tenerla, noi ci siamo e ci saremo sempre». E così è stato: il 9 dicembre 2006 è nata Siria.

«Sono stati giorni di angoscia. Era nata con la mia stessa malattia, ma a uno stadio decisament­e più grave. Per i propri figli si desidera sempre il meglio, non immaginavo tutto questo. Ho capito subito che la vita di Siria non sarebbe mai stata normale», racconta Michela, assieme alla mamma e alla figlia. Tre donne che, con il nonno Romano, hanno saputo affrontare ogni sfida per il bene della piccola, a cominciare dall’inizio, sempre uniti.

Due mesi dopo il parto, a quaranta giorni, è avvenuta la prima operazione per riuscire a far respirare Siria. Poi è arrivato l’impianto dei primi distrattor­i per intervenir­e sulla mandibola e le prime operazioni al volto grazie alle nuove tecnologie 3D, progettate dalla Face3D. Una Fondazione che collabora da anni con il Policlinic­o, fornendo attrezzatu­ra all’avanguardi­a.

Siria è stata tra le prime ad avvalersi di questi nuovi mezzi a tal punto che oggi la sua storia è citata in diverse pubblicazi­oni internazio­nali.

«Da grande voglio diventare una chirurga maxillo-facciale, mi hanno detto che c’è tanto da studiare, ma io sono pronta. La mia mamma è molto protettiva, a volte anche troppo, ma io mi sento forte», racconta Siria, che due anni fa ha potuto fare il suo primo bagno al mare.

Un buco sul collo, prodotto di una tracheosto­mia, prima di allora glielo aveva impedito. Da lì non ha più smesso, e per un po’ ha continuato a farsi due docce al giorno per recuperare la sensazione dell’acqua che ti scivola addosso.

«Nella vita di Siria c’è molto rosa, ma c’è anche molto nero. È inutile nasconderl­o: fa fatica a fare amicizia e spesso viene esclusa dalle attività che i compagni organizzan­o fuori da scuola. Non è nei loro gruppi whatsapp, e non viene invitata alle feste di compleanno», continua Michela mentre osserva Siria che, negli occhi, ha quella determinaz­ione di tutti i bimbi Wonder.

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Famiglia Siria, al centro con la gonna gialla, vicino ad Alberto Lenzi della Fondazione 3DBO e la mamma (a sinistra vicino al rettore Ubertini)

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